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A Strasburgo c’è un Giudice anche per i capimafia: con Provenzano non cade ma scricchiola il 41-bis

in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 10 – ISSN 2499-846X

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Prima Sezione, 25 ottobre 2018
Provenzano c. Italia, n. 55080/13

Con il prevedibile sdegno di parte dell’opinione pubblica, la Corte europea ha emesso il 25 ottobre la sentenza che chiude una vicenda molto nota, riguardante uno dei più conosciuti capi della criminalità organizzata in Italia, deceduto nel 2016.

Il ricorso era stato presentato dai familiari di Bernardo Provenzano (del quale il figlio, già tutore del Provenzano a seguito delle condanne irrogate, era stato successivamente nominato anche amministratore di sostegno) nel 2013, lamentando la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sia sotto il profilo delle condizioni di detenzione, che avrebbero impedito un trattamento sanitario adeguato, sia quanto al continuo rinnovo del regime differenziato ex art. 41 bis O.P., nonostante il precario e ingravescente stato di salute dell’interessato.

Quanto alla prima delle due doglianze per violazione dell’art. 3 della Convenzione, la Corte ha concluso all’unanimità per la non violazione.

Quanto al rinnovo del regime differenziato (in particolare, quello del 2016), la Corte ha invece ritenuto che, vista la gravità della situazione, non solo la motivazione del rinnovo dovesse essere particolarmente dettagliata e approfondita, ma anche che le condizioni del Provenzano dovessero essere debitamente tenute in considerazione. Al contrario, nel decreto di rinnovo il Ministro non svolgeva alcuna valutazione esplicita ed autonoma dello stato cognitivo del detenuto, tanto da rendere impossibile per la Corte apprezzare in che modo fosse stata tenuta in considerazione la situazione clinica del Provenzano.

Come citare il contributo in una bibliografia:
M. S. Mori, A Strasburgo c’è un Giudice anche per i capimafia: con Provenzano non cade ma scricchiola il 41-bis, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 10