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Il diritto all’autodeterminazione: disposizioni anticipate di trattamento

in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1-bis – ISSN 2499-846X

Il presente lavoro cercherà di fornire una visione d’insieme quanto più completa possibile sulle cd disposizioni anticipate di trattamento.

L’analisi muoverà dall’esame dei principi consolidati nell’elaborazione giurisprudenziale fino alla loro consacrazione, per la prima volta, con la legge 219/2017, che segna una tappa fondamentale nel cammino per la valorizzazione della libertà di autodeterminazione delle scelte terapeutiche. Secondo la definizione data dal CNB, per testamento biologico si intende quel complesso di disposizioni con le quali “una persona, dotata di piena capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato”. Con l’espressione “advance health care directives” invece si indicano le disposizioni di volontà pro-futuro, esprimendo il consenso o il rifiuto di determinati trattamenti in previsione di una possibile incapacità.

Questo tipo di documentazione non necessariamente dovrebbe implicare la volontà di porre fine alla propria vita, in quanto si richiedono alcuni trattamenti e se ne rifiutano altri, determinando la volontà del paziente riguardo gli interventi sanitari desiderati. Tuttavia, la prassi giuridica e più in generale il dibattito bioetico e giuridico hanno uniformato il concetto di disposizioni anticipate con quello di testamento biologico sia in merito al rifiuto del paziente a qualsiasi trattamento sanitario terapeutico, sia riguardo al valore vincolante delle
scelte fatte dal paziente. Il caposaldo da cui partire nell’ambito delle scelte terapeutiche è rappresentato dal principio del consenso informato, definito dalla Corte Costituzionale un “vero e proprio diritto della persona”, e il testamento biologico dovrebbe rappresentare lo strumento a disposizione della persona per far valere le proprie volontà anche nel caso in cui venisse a trovarsi in uno stato di incapacità.

L’evolversi delle conoscenze scientifiche e il miglioramento dei trattamenti sanitari iniziano però a delineare scenari di “cronicizzazione” della sofferenza e della malattia. Ciò ci pone dinanzi ad alcuni interrogativi, oggetto di analisi: le dichiarazioni anticipate di trattamento possono essere considerate un’estensione del consenso informato? È possibile ricostruire la volontà presunta del paziente incapace in base alle precedenti dichiarazioni?

Il lavoro si completerà comparando le diverse soluzioni normative applicate negli altri ordinamenti nazionali.

Come citare il contributo in una bibliografia:
A. Nurra, Il diritto all’autodeterminazione: disposizioni anticipate di trattamento, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1-bis