Affettività in carcere e diritto alle visite familiari. A Strasburgo, tra affermazioni di principio e tutela effettiva.
in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 2-bis – ISSN 2499-846X
Dire che la detenzione è quel fenomeno che colpisce un individuo privandolo della libertà personale è un’ovvietà. Ad apparire meno ovvio, almeno per alcuni, è che l’esecuzione della pena carceraria ha l’effetto non trascurabile di incidere, seppure indirettamente, anche su quella rete di relazioni familiari e sociali che si snodano attorno al soggetto detenuto. La detenzione, infatti, condiziona in maniera significativa i contatti che i soggetti ristretti hanno con il mondo esterno e i legami affettivi degli stessi, nella misura in cui modifica i ritmi di vita non solo di chi vive lo stato di detenzione, ma anche dei familiari e di tutte le persone a lui prossime affettivamente.
In questo contesto, si colloca la problematica questione dell’affettività in carcere.
Il presente lavoro affronta questo tema sotto un’angolazione particolare, ossia quella offerta dall’analisi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, giudice dei diritti par excellence. Come è noto, la tutela giuridica dei diritti individuali fondamentali, ritenuti di per sé inerenti alla natura della persona umana, ha subito negli ultimi decenni un graduale processo di internazionalizzazione e positivizzazione. Il primo, legato al fatto che l’esigenza della tutela dei diritti è ormai avvertita non solo nell’ambito del singolo ordinamento statale, ma anche dall’intera comunità internazionale. Il secondo, avvenuto attraverso il riconoscimento di tali diritti nelle carte internazionali a partire dal secondo dopoguerra. Il sistema giurisdizionale di protezione che ruota intorno alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e alla Corte europea dei diritti dell’uomo costituisce espressione significativa di tale processo evolutivo.
La scelta di guardare all’affettività in una prospettiva sovranazionale nasce dalla consapevolezza, ormai largamente condivisa, che il tema della tutela giuridica dei diritti dell’uomo ed in particolare, per quanto qui rileva, dei detenuti, non possa essere compiutamente affrontato limitando il proprio orizzonte di riferimento al singolo ordinamento giuridico nazionale, “occorrendo piuttosto un approccio che estenda lo sguardo oltre i confini di ogni Stato”.
Come citare il contributo in una bibliografia:
M. E. Salerno, Affettività in carcere e diritto alle visite familiari. A Strasburgo, tra affermazioni di principio e tutela effettiva, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 2-bis