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I colloqui ed i detenuti al 41-bis

in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 2-bis – ISSN 2499-846X

Nello studiare il diritto penitenziario italiano non può non tenersi conto della cornice storica dentro la quale questo si evolve. Particolarmente importanti, per l’argomento trattato, sono gli avvenimenti che si susseguirono fra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’90. Sebbene, infatti, il problema delle BR al centro nord sembrava ridimensionarsi, in Sicilia scoppiava la cosiddetta “seconda guerra di mafia”: un conflitto interno alla mafia siciliana scatenata per aggiudicarsi il controllo sul narcotraffico che causò un ecatombe di circa seicento morti.

A ciò si aggiunse anche il fatto che Cosa Nostra dette avvio alla stagione delle vittime “eccellenti”, uccidendo uomini di stato e di legge che avevano deciso di combattere il crimine organizzato. Parliamo di (per citarne alcuni) Terranova, Gaetano Costa, Chinnici, Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Boris Giuliano, Russo, Basile, Carlo Alberto Dalla Chiesa e di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi nel corso del 1992 (detto, anche per questo, “annus horribilis”).

A tutto questo rumore non potevano non seguire delle reazioni da parte dello Stato; in tale contesto, il Legislatore, riscontrando l’insufficienza di una normativa di recupero sociale per i detenuti ad altissima pericolosità ed avvertendo l’esigenza di abbracciare un sistema di doppio binario nella fase dell’esecuzione delle pene per alcuni detenuti, condannati per delitti ritenuti di particolare allarme sociale, decise di imporre un trattamento penitenziario che si estendeva in due contrapposte direzioni: dal lato della concessione dei benefici penitenziari e da quello dell’imposizione di più stringenti limitazioni.

Ed è proprio nella seconda direzione che va ad inserirsi il secondo comma dell’articolo 41-bis O.P., che cercava di dare risposta immediata al problema della sostanziale inidoneità del regime detentivo ordinario a svolgere qualsiasi funzione di prevenzione speciale, contemplando la facoltà, per il Ministro di Grazia e Giustizia, di sospendere in tutto o in parte le normali regole di trattamento che potessero porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza nei confronti dei detenuti per taluno dei delitti commessi per finalità mafiosa, terroristica o eversiva.

Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Nestola, I colloqui ed i detenuti al 41-bis, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 2-bis