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Reati tributari: il patteggiamento senza estinzione del debito fiscale esteso anche ai delitti di dichiarazione infedele, omessa presentazione della dichiarazione e occultamento e distruzione delle scritture contabili ex artt. 4, 5 e 10 D.lgs. 74/2000.

in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 4 – ISSN 2499-846X

Cass. Pen., Sezione III, 12 marzo 2019 (ud. 23 novembre 2018), n. 10800
Presidente Sarno, Relatore Zunica

È ammissibile la richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. non subordinata all’estinzione del debito tributario per i reati di dichiarazione infedele od omessa e di occultamento o distruzione delle scritture contabili di cui sia obbligatoria la conservazione.

Può riassumersi così l’innovativo principio di diritto statuito dalla Corte Suprema con la recentissima sentenza n. 10800 del 12 marzo 2019, la quale ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Procuratore Generale contro la sentenza d’appello che aveva disposto l’applicazione di una pena concordata ex art. 444 c.p.p. nei confronti di un imprenditore imputato per i reati di cui agli artt. 5 e 10 D.lgs. 74/2000.

Con l’unico motivo di censura, il Sostituto Procuratore Generale ricorrente lamentava l’inosservanza dell’art. 13 bis della legge sui reati tributari, che subordina l’ammissione al patteggiamento per gli illeciti penali fiscali all’adempimento degli oneri di cui al comma 1 del medesimo articolo, ossia l’integrale estinzione dei debiti tributari, delle sanzioni amministrative e degli interessi prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché mediante ravvedimento operoso.

In particolare, secondo il ricorrente, il Pubblico Ministero non avrebbe dovuto prestare il proprio consenso al patteggiamento e, in ogni caso, il G.U.P. sarebbe comunque stato tenuto a verificare l’adempimento dei requisiti rituali previsti dalla citata disposizione penaltributaria introdotta dal d.lgs. 158/2015 (la quale, all’evidenza, è norma più favorevole ed è quindi, ex art. 2 comma 4 c.p., applicabile anche nei procedimenti per i reati consumati prima della sua introduzione, salvo il limite del giudicato).

In via preliminare, i Giudici di Piazza Cavour hanno richiamato la regola generale fissata dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 13 bis D.lgs. 74/2000, in forza del quale il patteggiamento può essere effettivamente richiesto previo adempimento dei suesposti oneri di cui al comma primo, il quale a sua volta permette all’imputato di beneficiare, in ogni caso, di una riduzione di pena, salvi i casi di non punibilità espressamente previsti dall’art. 13.

Orbene, proprio i commi 1 e 2 dell’art. 13 del D.lgs. 74/2000 consentono al contribuente di “regolarizzare” la propria posizione nei confronti dell’erario anche sul piano penale e di beneficiare della causa di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter, 10 quater, nonché 4 e 5 del citato decreto.

Per il primo gruppo di delitti aventi ad oggetto gli omessi versamenti, il primo comma dell’art. 13 prevede infatti che essi  non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.

In aggiunta, il comma secondo estende la non punibilità anche per i reati di infedele e omessa dichiarazione se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Constatate le due cause di non punibilità, la Corte ha in primo luogo ribadito quanto già statuito da una precedente pronuncia (Cass. Pen. Sez. III., 12/04/2018, n. 38684), in relazione al delitto di omesso versamento dell’Iva, e, di riflesso, anche al delitto di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e di indebita compensazione ex artt. 10 bis e 10 quater D.lgs. 74/2000, reati in relazione ai quali l’estinzione dei debiti tributari prima dell’apertura del dibattimento non è condizioni di legittimità del patteggiamento proprio perché essa è di per sé sufficiente a rendere il reato non punibile.

La sentenza in commento allarga tale indirizzo giurisprudenziale anche ai delitti di cui agli artt. 4 e 5 della legge sui reati tributari, basandosi sull’assunto in virtù del quale, se il ravvedimento operoso costituisce causa di non punibilità dei delitti, esso non potrà contestualmente assurgere a presupposto per la richiesta di patteggiamento.

Per tale ragione, la Corte ha confermato la sentenza della Corte d’Appello che ha riconosciuto legittima l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. anche senza la preventiva verifica da parte del giudice di merito dell’avvenuto ravvedimento operoso, il quale, ove vi fosse stato, avrebbe determinato la non punibilità del fatto.

Infine, i Giudici di legittimità hanno chiarito che dal raggio applicativo dell’art. 13 bis del D.lgs. 74/2000 è escluso anche il delitto di occultamento e distruzione delle scritture contabili obbligatorie di cui all’art. 10, trattandosi di un illecito che di per sé non determina alcun debito d’imposta quantificabile, né prevede comunque un meccanismo di irrogazione di sanzioni amministrative.

La pronuncia in esame può accogliersi con favore, nell’ottica di attribuire una maggiore coerenza ad un impianto normativo quale quello penaltributario, il quale, date le sue peculiarità e le influenze con il diritto tributario, ancora oggi sembra viaggiare su un binario parallo rispetto alle altre aree del diritto penale “tradizionale”, sia in termini di svolgimento delle indagini che in termini di garanzie sostanziali e processuali.

Del resto, un approccio della Cassazione maggiormente orientato verso il favor rei in ambito penaltributario era già emerso con la sentenza della III Sezione n. 5784 del 07/02/2018, nella quale è stata fissata l’illegittimità della subordinazione della concessione della sospensione del procedimento con messa alla prova per i reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater del D.lgs. 74/2000 all’integrale versamento dei debiti tributari, degli interessi e delle relative sanzioni.

Malgrado ciò, permane qualche perplessità sulla relazione tra la deroga all’art. 13 bis individuata dalla Suprema Corte e la causa di non punibilità di cui all’art. 13 comma secondo per i reati di infedele ed omessa dichiarazione.

Deve infatti rammentarsi che il tenore delle cause di non punibilità di cui ai commi primo e secondo dell’art. 13 non è unitario. Diversamente da quanto visto per i reati omissivi, la non punibilità dei reati “dichiarativi” di cui agli artt. 4 e 5 del D.lgs. 74/2000 è infatti condizionata da una serie di adempimenti paralleli e antecedenti al versamento del debito tributario, rappresentati dalla presentazione della dichiarazione o dal ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.lgs. 472/1997, che devono intervenire prima che l’autore del reato abbia avuto formale contezza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Invece, la richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. presuppone, necessariamente, la conoscenza da parte dell’indagato di un procedimento penale a suo carico, elemento da solo sufficiente ad escludere il beneficio della causa di non punibilità anche qualora, successivamente, il contribuente indagato provvedesse al versamento del debito presentando la dichiarazione o mediante ravvedimento operoso.

In conclusione, sembra opportuno attendere (e sperare in) ulteriori pronunce, che possano risolvere i problemi qui sinteticamente segnalati, per comprendere se quest’apertura esegetica a beneficio dell’imputato possa andare consolidandosi nell’orientamento della Suprema Corte, ovvero sia destinata a rimanere un unicum nel panorama della giurisprudenza di legittimità in materia penaltributaria.

Come citare il contributo in una bibliografia:
D. Costa, Reati tributari: il patteggiamento senza estinzione del debito fiscale esteso anche ai delitti di dichiarazione infedele, omessa presentazione della dichiarazione e occultamento e distruzione delle scritture contabili ex artt. 4, 5 e 10 D.lgs. 74/2000, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 4