Sull’irrilevanza, ai fini della sussistenza del delitto di evasione, del sopravvenuto proscioglimento per il reato con riferimento al quale era stata disposta la misura violata: per la Cassazione nessun profilo di irragionevolezza nella normativa
Cassazione Penale, Sez. II, 27 settembre 2019 (ud. 25 giugno 2019), n. 39828
Presidente Tronci, Relatore Giorgi
Segnaliamo, in tema di evasione (art. 385 c.p.), la pronuncia con cui la Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto, la sussistenza del presupposto della legalità dell’arresto o della detenzione va verificata con esclusivo riferimento al momento della esecuzione della misura limitativa della libertà personale, con conseguente irrilevanza di eventuali mutamenti successivi della vicenda processuale sottesa alla fattispecie di evasione (quali, ad esempio, il fatto che poi non venga aperto un procedimento penale per lo specifico reato per il quale è stata applicata la misura o il fatto che poi intervenga sentenza di proscioglimento in ordine al reato per il quale sia stata disposta la custodia cautelare).
Nel ribadire tale principio, la Corte ha anche ritenuto manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale – che la difesa aveva chiesto di sollevare – degli artt. 385 c.p. e 630 c.p.p., per contrasto con il principio di ragionevolezza e di uguaglianza di trattamento di cui all’art. 3 Cost., nella parte in cui non è previsto che siano suscettibili di revisione – al pari di quanto avviene per le violazioni delle prescrizioni della misura di prevenzione personale revocata con efficacia ex tunc – le sentenze di condanna divenute irrevocabili per il delitto di evasione nell’ipotesi di sopravvenuto proscioglimento per il reato con riferimento al quale era stata disposta la misura violata.
Ad avviso della Corte, «la questione di legittimità costituzionale risulta manifestamente infondata atteso che la disciplina normativa in oggetto, nella lettura offerta dalla giurisprudenza di legittimità, recepisce puntualmente la scelta operata dal legislatore, che non appare affatto priva di ragionevolezza. Né, d’altro canto, sussiste la pur denunziata disparità di trattamento rispetto alla diversa regolamentazione di quanto avviene per le violazioni delle prescrizioni della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, ex art. 75 d. Igs. 159/2011 (già art. 9 della legge 1423/1956), che venga successivamente revocata con efficacia ex tunc».
E’ sicuramente vero – si legge nella decisione – che «secondo la costante giurisprudenza di questa Corte regolatrice la revoca con efficacia ex tunc del decreto applicativo della sorveglianza speciale, per invalidità originaria del provvedimento indotta da difetto genetico della pericolosità sociale, rende penalmente irrilevanti i comportamenti di inosservanza degli obblighi connessi alla misura di prevenzione per via degli effetti rescindenti che da detta revoca scaturiscono, con conseguente caducazione degli obblighi imposti con la misura preventiva, considerati come mai stabiliti e tamquam non essent»; tuttavia – prosegue la Corte – «ciò trova la propria ragion d’essere nella peculiare struttura che è propria di tale fattispecie, la cui legittimazione poggia su di un presupposto ad essa esterno, costituito dal decreto in materia di prevenzione, il venir meno del quale ab origine, essendo peraltro ontologicamente assistito da un’efficacia esecutiva solo provvisoria, determina logicamente l’irrilevanza penale della condotta posta in essere dall’agente».
Non è questo il caso del delitto di evasione, nel quale «l’esistenza di un legittimo titolo cautelare, al momento della consumazione della condotta di indebito allontanamento, è elemento strutturale ed interno alla previsione criminosa, risultando perciò irrilevanti gli eventuali mutamenti successivi della vicenda processuale sottesa alla fattispecie di evasione, posto che il legislatore richiede qui non già l’accertamento definitivo del reato presupposto, bensì, coerentemente al bene giuridico tutelato, solo un legittimo stato di privazione della libertà personale (“essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato”)».