Ergastolo ostativo e preclusione all’accesso di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia: il 22 ottobre 2019 l’udienza davanti alla Corte Costituzionale
Si terrà il 22 ottobre 2019 (relatore il Giudice costituzionale Nicolò Zanon) l’udienza davanti alla Corte Costituzionale per la discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di Cassazione (con ordinanza del 20 dicembre 2018) e dal Tribunale di Sorveglianza di Perugia (con ordinanza del 28 maggio 2019) in tema di accesso al beneficio penitenziario del permesso premio per il condannato all’ergastolo che non abbia collaborato con la giustizia.
Come si legge sull’agenda dei lavori pubblicata dalla Corte Costituzionale, «la Corte di cassazione (R.O. 59/2019) solleva, in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) nella parte in cui esclude che il condannato all’ergastolo, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’articolo 416-bis del codice penale, ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, che non abbia collaborato con la giustizia nei termini di cui all’articolo 58-ter della legge n. 354 del 1975, possa essere ammesso alla fruizione di un permesso premio previsto dall’articolo 30-ter della medesima legge. Il giudice rimettente, in primo luogo, denuncia la disciplina censurata per irragionevolezza perché assimilerebbe condotte delittuose diverse tra loro, equiparando gli affiliati all’associazione mafiosa agli estranei responsabili soltanto di delitti comuni, aggravati dal metodo mafioso o dall’agevolazione mafiosa. Secondo la tesi del rimettente, poi, l’esclusione dell’applicazione del beneficio penitenziario in mancanza della scelta collaborativa, senza consentire al giudice una valutazione in concreto della situazione del detenuto, sarebbe in contrasto con la finalità rieducativa della pena, non tenendo conto della diversità strutturale, rispetto alle misure alternative, del permesso premio che è volto ad agevolare il reinserimento sociale del condannato attraverso contatti episodici con l’ambiente esterno. Il Tribunale di sorveglianza di Perugia (R.O. 135/2019) solleva analoga questione di legittimità costituzionale. L’articolo 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 è censurato nella parte in cui esclude che il condannato all’ergastolo, per delitti commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione a delinquere ex articolo 416-bis del codice penale della quale sia stato partecipe, possa essere ammesso alla fruizione di un permesso premio previsto dall’articolo 30-ter della legge n. 354 del 1975. La norma censurata contrasterebbe con gli articoli 3 e 27 della Costituzione in quanto, sostiene il rimettente, l’elevazione della collaborazione con la giustizia a prova legale del venir meno della pericolosità sociale del condannato impedirebbe alla magistratura di sorveglianza di valutare in concreto l’evoluzione personale del condannato, così vanificando la finalità rieducativa della pena».
La disposizione censurata è, dunque, l’art. 4-bis O.P. (divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti) ai sensi del quale «l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge […]».
Segnaliamo ai lettori che sul sito di Amicus Curiae – nella sezione “documenti” in basso a destra – sono disponibili alcuni atti di intervento nel giudizio davanti alla Corte Costituzionale, tra i quali quelli di alcune parti private, dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, del Garante Nazionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale e dell’Unione delle Camere Penali Italiane (U.C.P.I.).
Sempre in tema di ergastolo ostativo, ricordiamo, come è ormai noto, che a seguito della decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di rigettare la richiesta del Governo italiano di rinvio alla Grande Camera, è diventata definitiva la sentenza pronunciata nel caso Viola c. Italia, con la quale i giudici di Strasburgo avevano negato la compatibilità del cd. ergastolo ostativo con l’art. 3 della Convenzione.