ARTICOLIDIRITTO PENALEParte generale

Le motivazioni della sentenza Olivetti della Cassazione. Un nuovo capitolo sul nesso causale tra esposizione ad amianto e mesotelioma pleurico.

[a cura di Lorenzo Roccatagliata]

Cassazione penale, Sez. IV, Sent. 28 ottobre 2019 (Ud. 8 ottobre 2019), n. 43665
Presidente Piccialli, Relatore Pavich

Pubblichiamo la sentenza con cui la Corte di cassazione, Sezione quarta, ha confermato l’assoluzione di tutti gli imputati già disposta dalla Corte di appello di Torino nella nota vicenda che ha coinvolto gli ex dirigenti della Olivetti di Ivrea, condannati in primo grado per lesioni e omicidio colposo in relazione a casi di mesotelioma pleurico.

In particolare, la pronuncia è di interesse sotto il profilo dell’accertamento dell’elemento oggettivo della fattispecie di omicidio, con riguardo specifico al nesso di causa tra condotta ed evento.

1. Va preliminarmente dato atto che la Corte affrontato il problema del limiti del sindacato di legittimità in materia di prova scientifica, con particolare riguardo ai reati da esposizione all’amianto. 

Sul questo punto, il Supremo Collegio ha ricordato che “in tema di prova scientifica, la Cassazione non deve stabilire la maggiore o minore attendibilità scientifica delle acquisizioni esaminate dal giudice di merito e, quindi, se la tesi accolta sia esatta ma solo se la spiegazione fornita sia razionale e logica; essa, infatti, non é giudice delle acquisizioni tecnico-scientifiche, essendo solo chiamata a valutare la correttezza metodologica dell’approccio del giudice di merito al relativo sapere, che include la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto; ne deriva che il giudice di legittimità non può operare una differente valutazione degli esiti della prova suddetta, trattandosi di un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se congruamente argomentato (…). 

In altre parole, alla Corte regolatrice non spetta il compito di individuare ed enunciare i criteri scientifici che presiedono alla ricostruzione del nesso causale (sia sotto il profilo della causalità generale, sia sul piano della causalità individuale); ma quello di verificare se la decisione impugnata abbia adeguatamente argomentato circa la validità dei criteri scientifici adottati a tal fine, anche in termini di condivisione degli stessi presso la comunità scientifica di riferimento” (para 4).

Ciò posto, si legge in motivazione, “va pur detto che la valutazione metodologica affidata alla Corte di legittimità circa l’approccio del giudice di merito al sapere scientifico passa, necessariamente, per il controllo di tale approccio sotto il profilo dell’osservanza dei criteri e delle modalità di individuazione e di selezione della legge scientifica di copertura.
Questo significa che, nello scrutinio della decisione impugnata, la Corte regolatrice può e deve esaminare il ragionamento seguito dal giudice di merito, anche alla luce dei contributi peritali e dei consulenti di parte acquisiti nel corso del giudizio, circa la validità di una determinata legge scientifica, il grado di riconoscimento che essa riscuote presso gli studiosi di settore, la sua applicabilità al caso concreto; nonché, eventualmente, circa l’applicazione dei criteri di scelta di una legge scientifica di copertura rispetto ad altre, in base ai quali essa venga ritenuta maggiormente attendibile
” (para 4).

2. In secondo luogo, la Corte ha ripercorso l’iter logico giuridico tracciato dalla giurisprudenza di legittimità per l’accertamento causale generale.

In particolare, il Collegio ha ricordato che “sul piano generale, l’individuazione del nesso causale deve muovere dall’accertamento (di una generalizzata regola di esperienza o) di una legge scientifica di copertura, la quale a seconda dei casi può essere universale o statistica”, dove “per legge scientifica universale si intende quella in base alla quale la verificazione di un evento é invariabilmente accompagnata dalla verificazione di un altro evento; per legge scientifica statistica si intende invece quella in base alla quale il verificarsi di un evento é accompagnato dal verificarsi di un altro evento in una certa percentuale di casi, con la conseguenza che queste ultime sono tanto più dotate di validità scientifica quanto più possono trovare applicazione in un numero sufficientemente alto di casi e sono suscettive di ricevere conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali e controllabili”.

3. A questo punto, i Giudici hanno approfondito il tema del nesso causale in materia di esposizione ad amianto.

In tale ambito, é evidente che la ricerca della legge scientifica di copertura riguarda non la nocività dell’esposizione all’amianto (dato, questo, pacifico e incontrovertibile), ma la rilevanza causale del succedersi di ciascuna delle singole esposizioni (c.d. effetto acceleratore) in relazione alle singole fasi in cui si sviluppano gli effetti dell’esposizione protratta all’amianto” (para 4).

In proposito la Corte ha richiamato la propria giurisprudenza. “Afferma la sentenza Cozzini che il rapporto di causalità tra le violazioni delle norme antinfortunistiche ascrivibili ai datori di lavoro e l’evento-morte (dovuta a mesotelioma pleurico) di un lavoratore reiteratamente esposto, nel corso della sua esperienza lavorativa, all’amianto, sostanza oggettivamente nociva, é condizionato all’accertamento: (a) se presso la comunità scientifica sia sufficientemente radicata, su solide e obiettive basi, una legge scientifica in ordine all’effetto acceleratore della protrazione dell’esposizione dopo l’iniziazione del processo carcinogenetico; (b) in caso affermativo, se si sia in presenza di una legge universale o solo probabilistica in senso statistico; (c) nel caso in cui la generalizzazione esplicativa sia solo probabilistica, se l’effetto acceleratore si sia determinato nel caso concreto, alla luce di definite e significative acquisizioni fattuali; (d) infine, per ciò che attiene alle condotte anteriori all’iniziazione e che hanno avuto durata inferiore all’arco di tempo compreso tra inizio dell’attività dannosa e l’iniziazione della stessa, se, alla luce del sapere scientifico, possa essere dimostrata una sicura relazione condizionalistica rapportata all’innesco del processo carcinogenetico” (para 4).

4. Così ricostruite le regole generali che governano la materia, il Supremo Collegio ha ritenuto che il Giudice di appello, che aveva negato il pregio delle teorie multistadio e dell’effetto acceleratore, ne abbia fatto buon governo.

Con riguardo all’evoluzione cancergoenetica del mesotelioma, la Corte distrettuale aveva ritenuto che “non può dubitarsi di una correlazione tra dose cumulativa e rischio relativo”, ma al tempo stesso “non può affermarsi che tale correlazione abbia un andamento lineare riconducibile alla teoria multistadiale” (para 6).

La conseguente incertezza che ne deriva in ordine alla pretesa linearità dell’andamento del rischio di cancerogenesi é alla base dell’incertezza che si registra (…) in ordine alla tempistica con cui si susseguono gli eventi mutageni”. Infatti “non vi sono dati certi in ordine al momento in cui il processo infiammatorio dà origine all’alterazione della prima cellula (la c.d. iniziazione, che costituisce condizione originaria per il successivo sviluppo del tumore), né in ordine alla durata del c.d. periodo di induzione (che parte dall’iniziazione e prosegue con la fase della promozione, durante la quale le cellule iniziate cominciano a proliferare); ed é noto che é in tale periodo che le fibre di asbesto inalate risultano rilevanti ai fini dell’accelerazione del processo patologico; mentre successivamente, ossia dal momento in cui il processo neoplastico diviene irreversibile (c.d. failure time), le ulteriori esposizioni non hanno efficacia causale” (para 6).

Le incertezze che si registrano in ordine alla durata delle diverse fasi finora descritte, che rendono necessario il ricorso al metodo statistico – epidemiologico, postulerebbero invero (alla stregua dei principi affermati dalla sentenza Cozzini …) l’individuazione quanto più possibile precisa del momento dell’iniziazione e soprattutto di quello in cui si completa la fase dell’induzione, sulla base delle emergenze istruttorie riguardanti i singoli casi” (para 6).

A fronte di ciò, la Corte di merito aveva ritenuto, in tutti i casi concreti oggetto di giudizio, “l’impossibilità di ricavare da tale verifica elementi indicativi dello sviluppo e del termine della fase dell’induzione; di stabilire, quindi, fino a quale momento le esposizioni dei lavoratori all’amianto abbiano avuto efficacia causale sullo sviluppo della malattia; e, conseguentemente, di correlare, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’efficacia causale delle condotte di ciascuno dei garanti chiamati a rispondere dei diversi eventi lesivi/letali ai fini dell’insorgenza delle patologie nei singoli casi” (para 6).

Donde, conclusivamente, l’assoluzione in appello e la conferma di tale statuizione dinanzi al Giudice di legittimità.

Redazione Giurisprudenza Penale

Per qualsiasi informazione: redazione@giurisprudenzapenale.com