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Introduzione al fascicolo “Dentro il 41-bis: riflessioni costituzionalmente orientate sul regime differenziato”

in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 1-bis – ISSN 2499-846X

di Maria Brucale e Michele Passione

Lo scorso 4 dicembre la Corta Costituzionale ha depositato la sentenza n. 253 del 2019, decisa il 23 ottobre a seguito dell’udienza pubblica del giorno precedente.

In disparte le considerazioni sulla fondamentale importanza della decisione assunta, che qui non rilevano, la Corte ha evidenziato come (§ 8.1 Considerato in diritto) […] “l’attuale formulazione dell’art.4-bis, comma 1 OP, anche in nome di prevalenti esigenze di carattere investigativo e di politica criminale, opera una deformante trasfigurazione della libertà di non collaborare ai sensi dell’art. 58-ter OP, che certo l’ordinamento penitenziario non può disconoscere ad alcun detenuto”, affermando poi (§ 8.3 Considerato in diritto) che […] “peraltro, per i casi di dimostrati persistenti legami del detenuto con il sodalizio criminale originario, l’ordinamento penitenziario appresta l’apposito regime di cui all’art.41-bis, che non è ovviamente qui in discussione e la cui applicazione ai singoli detenuti presuppone proprio l’attualità dei loro collegamenti con organizzazioni criminali (sentenze n.186 del 2018 e n.122 del 2017)”.

Non vi è alcun dubbio che una delle finalità principali del regime differenziato disciplinato dall’art. 41-bis, commi 2 e ss., OP consista, in particolare per effetto delle disposizioni di cui al comma 2 quater (e delle varie circolari di volta in volta emanate dal Dipartimento, da ultimo riordinate con quella n. 3676/6126 del 2 ottobre 2017), nell’induzione alla collaborazione, soprattutto per coloro i quali si trovino detenuti in custodia cautelare. Non solo la “necessità di prevenire contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza”, ché del resto la norma citata, alla lett. a), chiarisce non essere unica esigenza per l’adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, ma anche, appunto, attraverso limitazioni totalmente inconferenti rispetto alla finalità istituzionale, una spinta alla collaborazione. Al dunque; se, com’è vero, la velenosa Grundnorn penitenziaria è certamente distinta da quella che regola il regime differenziato, occorrerà verificare le potenzialità espansive che la recente, storica, pronuncia del Giudice delle leggi potrà spiegare in relazione al diritto al silenzio, ed all’impossibilità che esso costituisca elemento valorizzabile per il rinnovo della sospensione delle regole trattamentali. Ancora, occorrerà soffermarsi, sull’incidenza delle argomentazioni espresse dalla pronuncia in discorso sul valore da conferire al “trascorrere del tempo”.

Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Brucale – M. Passione, Introduzione al fascicolo “Dentro il 41-bis: riflessioni costituzionalmente orientate sul regime differenziato”, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 1-bis