Attività integrativa di indagine e ammissione di nuove prove testimoniali del PM una volta terminata l’attività di escussione dei testi a carico
Cassazione Penale, Sez. I, 31 gennaio 2020 (ud. 21 gennaio 2020), n. 4105
Presidente Di Tomassi, Relatore Santalucia
In tema di attività integrativa di indagine, segnaliamo la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha affermato che deve considerarsi irrituale, ma non abnorme, l’ordinanza con cui il giudice dibattimentale, al termine dell’attività di escussione dei testi a carico, dichiari ammissibile le ulteriori richieste di prova testimoniale avanzate dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 430 cod. proc. pen.
Tale ordinanza – scrive la Cassazione – «è ordinariamente impugnabile, secondo il meccanismo delineato dall’art. 586 cod. proc. pen., unitamente alla sentenza, e già questo profilo di disciplina preclude la prospettazione di abnormità, dato che tale condizione giova a superare i limiti posti dal principio di tassatività oggettiva delle impugnazioni e quindi attiene ai provvedimenti che, proprio in ragione della loro eccentricità, risultano inoppugnabili».
Il provvedimento del giudice è stato ritenuto comunque errato, in quanto «il giudice non ha operato corretta valutazione nel ritenere che la norma di cui all’art. 430 cod. proc. pen., che autorizza lo svolgimento delle attività integrative di indagini senza preclusioni temporali, funga al contempo da deroga alle ordinarie scansioni processuali per la proposizione delle richieste istruttorie».
Sebbene non sia in discussione il principio secondo cui l’attività integrativa d’indagine da parte del pubblico ministero non è soggetta ad alcun limite cronologico finale, il punto è che «l’attribuzione alle parti del potere di svolgere investigazioni anche dopo il rinvio a giudizio e in ogni stato e grado del procedimento non significa che esse siano autorizzate all’immediata, e non altrimenti ordinata, richiesta al giudice di ammissione del dato di prova», dovendo l’attività integrativa di indagine «rispettare le ordinarie cadenze» e dovendosi «i risultati investigativi incanalarsi, come richieste di prova, rispettando gli snodi della progressione processuale».
L’irritualità del provvedimento di ammissione delle prove in corso di istruzione dibattimentale – conclude la Corte – non si risolve comunque in abnormità e non consente, dunque, l’immediata impugnazione, non apprezzandosi né il profilo strutturale né quello funzionale del vizio.
Si segnala, da ultimo, che i difensori dei ricorrenti avevano depositato una memoria difensiva con allegato un parere rilasciato dal prof. Ferrua a riscontro della fondatezza dei ricorsi.