Non si può pretendere dall’RSPP un intervento in fase esecutiva estraneo alle competenze consultive/intellettive
in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 2
di Giampaolo Giorgio Berni Ferretti e Paolo De Martino
Cassazione Penale, Sez. IV, Sentenza 9 dicembre 2019 (ud. 17 ottobre 2019), n. 49761
Presidente Piccialli, Relatore Ranaldi
Con la sentenza n. 49761 del 9 dicembre la Suprema Corte di Cassazione penale ha accolto il ricorso proposto nell’interesse del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (di seguito, anche solo, “R.S.P.P.”), statuendo che in materia di sicurezza sul lavoro risponde dell’evento, in concorso con il datore di lavoro, solo se si fornisce adeguata dimostrazione che lo stesso abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro, a seguito di errore tecnico nella valutazione dei rischi, per suggerimenti sbagliati o mancata segnalazione di situazioni di rischio colposamente non considerate.
Sono stati, invece, ritenuti infondati i ricorsi proposti nell’interesse delle altre persone fisiche che rivestivano, secondo la Pubblica Accusa, posizioni di garanzia unitamente all’R.S.P.P.
Le relative censure prospettate dal ricorrente colgono nel segno, là dove evidenziano che le motivazioni della sentenza impugnata non hanno adeguatamente argomentato in punto di responsabilità del prevenuto, in relazione alla sua posizione di R.S.P.P., in cui è avvenuto il sinistro, avuto riguardo alle caratteristiche dell’addebito colposo mosso ai coimputati.
Con sentenza del 18/7/2018, la Corte di Appello di L’Aquila, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 10/12/2016 dal Tribunale di Teramo, pronunciando nei confronti degli appellanti C.E. e DG.A., concesse ad entrambi le circostanze attenuanti generiche valutate equivalenti alla contestata aggravante, rideterminava la pena in euro 300 di multa per ciascuno degli imputati, con revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto il provvedimento del Giudice di prime cure. Si precisa che il Giudice di primo grado aveva condannato gli odierni imputati alla pena di mesi 4 di reclusione ciascuno, con la concessione della sospensione condizionale della pena.
In particolare, la contestazione addebitata all’RSPP era quella di lesioni colpose con l’aggravante della violazione in materia di sicurezza sul lavoro ai sensi dell’art. art. 590 commi 2 e 3 c.p., perché in qualità di R.S.P.P. della società C.E. s.r.l., quale co-redattore del documento di valutazione dei rischi per la sopra citata Società, per colpa generica (imprudenza, negligenza e imperizia) e colpa specifica per violazione di norme di legge (art. 33 D.L.vo n. 81/08, artt. 17-18-28-29 e 55 del citato D.L.vo n. 81/08, punto 5.9 dell’allegato V del D.L.vo n. 81/08 e punti 1.3.7. e 1.4 all. I del D.P.R. 459/96), avrebbe cagionato al S.G. lesioni personali (trauma da schiacciamento da rulli arto superiore sx con ampio scuoiamento e modificazione dei tessuti molli interessante l’avambraccio, mano e dita con amputazioni falangi ungueali 2-3-4-5 dito, frattura base 50 metacarpo con prognosi riservata).
L’R.S.P.P., in qualità di co-redattore del documento di valutazione dei rischi, avrebbe redatto tale documento inerente il sito n. 2 , quale sede dell’evento infortunistico, con indicazione generica e non adeguata dei rischi e delle misure di prevenzione da adottare, essendo stato individuato il rischio di impigliamento e trascinamento come possibile, con danno significativo e con entità notevole e non essendo stati individuati i dispositivi di protezione richiesti dal D.P.R. n. 459/1996 e dal citato allegato V punto 5.9 per la calandra MI-1 308 B matr. 07083 del 2007.
L’imputazione a titolo di colpa dei reati di lesioni colpose aggravate richiede l’approfondimento di un importante aspetto, attinente all’accertamento del nesso causale tra condotta colposa omissiva (in violazione delle prescrizioni contenute nel D.l.vo. n. 81/2008) ed evento lesivo. Non basta infatti aver acquisto ampio riscontro probatorio in ordine alla negligenza ed imprudenza dell’R.S.P.P. Occorre accertare anche che tale condotta omissiva abbia costituito la condizione necessaria di verificazione dell’evento.
Si deve perciò porsi l’interrogativo consistente nel chiedersi se, anche in assenza della condotta colposa, l’accadimento lesivo si sarebbe ugualmente prodotto. Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica- si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento hic et nunc, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva (Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2002, n. 3643).
L’omessa predisposizione di un piano esecutivo di intervento che valutasse in maniera specifica le modalità per operare in piena sicurezza al fine di procedere allo spostamento del grosso tubo e alla sostituzione della ventola. Al di là delle cause effettive di caduta della tubazione, il rimprovero è quello di non aver considerato un simile rischio di caduta, certamente prevedibile alla luce delle modalità dell’intervento e delle grosse dimensioni della tubazione, e di conseguenza di non aver predisposto opportune misure di sicurezza (quale la collocazione di un ponteggio) a tutela della incolumità dei lavoratori che operavano nelle vicinanze e sotto tale imponente struttura.
Per tale ragione la Corte territoriale aveva correttamente considerato il cedimento strutturale della tubazione, al più, come una concausa dell’evento, in quanto il rischio di caduta avrebbe potuto e dovuto essere comunque previsto, ed i lavoratori adeguatamente protetti.
In altri termini, come rammenta la sentenza in commento, “il R.S.P.P. risponde dell’evento, in concorso con il datore di lavoro, solo se si fornisce adeguata dimostrazione che lo stesso abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro, a seguito di errore tecnico nella valutazione dei rischi, per suggerimenti sbagliati o mancata segnalazione di situazioni di rischio colposamente non considerate
Ed ancora “nel caso, invece, la motivazione della sentenza impugnata sembra confondere il piano intellettivo/valutativo (proprio dell’R.S.P.P.) da quello decisionale/operativo (proprio di altri garanti, principalmente il datore di lavoro). Si parla di evento determinato da scelte esecutive sbagliate, ma tali scelte non spettano al RSPP, il quale non è presente tutti i giorni in azienda e non è tenuto a controllare le fasi esecutive delle lavorazioni”.
Non da ultimo, la Suprema Corte il seguente principio di diritto: “in definitiva, con riferimento alla posizione del R.S.P.P., la motivazione della sentenza impugnata è viziata, poiché la sua responsabilità viene individuata, essenzialmente, in un omesso intervento in fase esecutiva che è estraneo alle competenze consultive/intellettive del R.S.P.P., e senza che sia stato adeguatamente argomentato in ordine alla conoscibilità, da parte sua, della situazione oggettivamente pericolosa e del suo dovere di segnalazione del rischio al datore di lavoro, in una fase antecedente alla lavorazione stessa”.
Conclusivamente, la posizione di garanzia che era stata erroneamente individuata nel caso di specie nella figura dell’R.S.P.P. dalla Pubblica Accusa trova, tra le altre, fondamento nelle sentenze della Suprema Corte di Cassazione (sez. fer., 12/08/2010, n.32357; Cassazione penale sez. IV, 23/11/2012, n.49821) che lo designano come responsabile, pur non escludendo il concorso con il datore di lavoro per violazione della normativa antinfortunistica, ma individuando la fonte della sua responsabilità nell’obbligo giuridico di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all’attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, , in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri.
La sentenza da una specifica ulteriore degli obblighi dell’R.S.P.P. che non può essere imputata a tale figura alcun omesso intervento, in forza del suo ruolo meramente consultivo.
Come citate il contributo in una bibliografia:
G. Berni Ferretti – P. De Martino, Non si può pretendere dall’RSPP un intervento in fase esecutiva estraneo alle competenze consultive/intellettive, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 2