Restituzione delle cose sequestrate: sui rimedi nel caso di inosservanza della procedura di cui all’art. 263 c.p.p.
Cassazione Penale, Sez. III, 13 marzo 2020 (ud. 19 dicembre 2019), n. 9986
Presidente Lapalorcia, Relatore Di Nicola
In merito al procedimento per la restituzione delle cose sequestrate (art. 263 c.p.p.), segnaliamo la sentenza con cui la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema – dibattuto in giurisprudenza – dei rimedi da apprestare ai casi di inosservanza della procedura di cui agli artt. 4 e 5 del medesimo articolo (secondo i quali «nel corso delle indagini preliminari, sulla restituzione delle cose sequestrate il pubblico ministero provvede con decreto motivato» e «contro il decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione o respinge la relativa richiesta, gli interessati possono proporre opposizione sulla quale il giudice provvede a norma dell’articolo 127»).
Secondo un primo orientamento, «qualora il giudice per le indagini preliminari, ricevuta un’istanza di restituzione di cosa sottoposta a sequestro probatorio, invece di restituirla al pubblico ministero per quanto di sua competenza, ai sensi dell’articolo 263, comma 4, del codice di procedura penale, provveda negativamente, con ordinanza “de plano”, in conformità ad irrituale parere espresso dal medesimo pubblico ministero e fatto pervenire unitamente all’istanza, l’eventuale appello proposto avverso detta ordinanza va qualificato come “opposizione” ex articolo 263, comma 5, del codice di procedura penale avverso il parere negativo summenzionato, a sua volta assimilabile al decreto di rigetto previsto dal precedente comma 4, e va quindi trasmesso, per la decisione, allo stesso giudice per le indagini preliminari, in virtù dei principi di conservazione e del “favor impugnationis”».
Secondo un diverso indirizzo, in tema di sequestro probatorio, «il provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari, previo parere del pubblico ministero, sull’istanza di restituzione delle cose sequestrate proposta durante la fase delle indagini preliminari, è affetto da nullità assoluta per incompetenza funzionale e inosservanza della procedura prevista dall’articolo 263, commi 4 e 5, del codice di procedura penale».
Il Collegio – si legge nella decisione – «ritiene condivisibile il secondo indirizzo: l‘articolo 263 del codice di procedura penale stabilisce che, nel corso delle indagini preliminari, competente a decidere sulla restituzione è lo stesso pubblico ministero, che provvede con decreto motivato; contro il decreto è ammessa opposizione al giudice che procede (quindi al giudice per le indagini preliminari), il quale decide col rito camerale a norma dell’articolo 127 del codice di procedura penale (commi 4 e 5). Nella fase del giudizio, la competenza a decidere spetta al giudice che procede, il quale provvede con ordinanza, se non c’è dubbio sulla proprietà delle cose sequestrate (commi 1, 2 e 3). Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione, competente a decidere è il giudice dell’esecuzione (comma 6): questi, ai sensi dell’articolo 676 del codice di procedura penale, procede a norma dell’articolo 666, comma 4, del codice di procedura penale, e cioè provvede de plano con ordinanza, contro cui l’interessato e il difensore possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice».
Quando – precisa la Corte – «l’interessato formuli correttamente l’istanza di restituzione delle cose sottoposte a sequestro probatorio al pubblico ministero ma questi, anziché provvedere, trasmetta l’istanza, con il proprio parere, al giudice per le indagini preliminari, il provvedimento che il giudice emette deve considerarsi affetto da nullità assoluta per incompetenza funzionale», non potendosi sostenere che «il parere del pubblico ministero possa valere come rigetto dell’istanza di restituzione perché in tal modo sarebbe pesantemente stravolta la funzione delle parti nel procedimento incidentale previsto dal legislatore nell’articolo 263 del codice di procedura penale, essendo sottratta all’interessato, in violazione del diritto di difesa, la possibilità di esercitare con l’opposizione una adeguata e puntuale critica al provvedimento di rigetto da parte del pubblico ministero».
Neppure è condivisibile – concludono i giudici di legittimità – «l’orientamento secondo cui, allorquando il giudice per le indagini preliminari, ricevuta un’istanza di restituzione di cosa sottoposta a sequestro probatorio, invece di restituirla al pubblico ministero, abbia provveduto negativamente, con ordinanza “de plano”, in conformità ad irrituale parere espresso dal medesimo pubblico ministero e fatto pervenire unitamente all’istanza, l’appello cautelare proposto avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari vada qualificato come “opposizione” ex articolo 263, comma 5, del codice di procedura penale avverso il parere negativo summenzionato, a sua volta assimilabile al decreto di rigetto previsto dal precedente comma 4, con conseguente trasmissione, per la decisione, allo stesso giudice per le indagini preliminari. In tal caso, le doglianze, che l’interessato svolge con l’appello cautelare, si appuntano non già verso un provvedimento del pubblico ministero che, sulla base di un gravame atipico (opposizione), deve essere sottoposto al controllo giurisdizionale ma verso un provvedimento del giudice per le indagini preliminari, emesso de plano e, dunque, invalido, essendo il contraddittorio previsto a pena di nullità assoluta rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità perché attiene all’intervento dell’indagato, nonché da organo funzionalmente incompetente, perché vulnera la ripartizione degli affari penali in relazione allo sviluppo del procedimento, e come tale è affetto da nullità assoluta ex articolo 178, lettera a), del codice di procedura penale in quanto emanato da giudice privo della capacità specifica richiesta dall’ordinamento».