ARTICOLIDelitti contro il patrimonioDIRITTO PENALEParte speciale

Appropriazione indebita: i dati informatici (files) sono qualificabili come “cose mobili”.

Cassazione Penale, Sez. II, 13 aprile 2020 (ud. 7 novembre 2019), n. 11959
Presidente Cammino, Relatore Di Paola

In tema di appropriazione indebita, segnaliamo la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: «i dati informatici, contenenti files, sono qualificabili “cose mobili” ai sensi della legge penale e, pertanto, costituisce condotta di appropriazione indebita la sottrazione da un personal computer aziendale, affidato per motivi di lavoro, dei dati informatici ivi collocati, provvedendo successivamente alla cancellazione dei medesimi dati e alla restituzione del computer “formattato”» (para 1.9).

In particolare, per ciò che riguarda la natura di “cosa mobile” di un dato informatico, la Corte osserva che «il file, pur non potendo essere materialmente percepito dal punto di vista sensoriale, possiede una dimensione fisica costituita dalla grandezza dei dati che lo compongono, come dimostrano l’esistenza di unità di misurazione della capacità di un file di contenere dati e la differente grandezza dei supporti fisici in cui i files possono essere conservati e elaborati. L’assunto da cui muove l’orientamento maggioritario, giurisprudenziale e della dottrina, nel ritenere che il dato informatico non possieda i caratteri della fisicità, propri della “cosa mobile” (nella nozione penalistica di quel termine) non è, dunque, condivisibile; al contrario, una più accorta analisi della nozione scientifica del dato informatico conduce a conclusioni del tutto diverse» (para 1.5.3).

Con specifico riguardo alla configurabilità della condotta appropriativa di dati informatici, a giudizio della Corte «va considerata la capacità del file di essere trasferito da un supporto informatico ad un altro, mantenendo le proprie caratteristiche strutturali, così come la possibilità che lo stesso dato viaggi attraverso la rete Internet per essere inviato da un sistema o dispositivo ad un altro sistema, a distanze rilevanti, oppure per essere “custodito” in ambienti “virtuali” (corrispondenti a luoghi fisici in cui gli elaboratori conservano e trattano i dati informatici); caratteristiche che confermano il presupposto logico della possibilità del dato informatico di formare oggetto di condotte di sottrazione e appropriazione. In conclusione, pur se difetta il requisito della apprensione materialmente percepibile del file in sé considerato (se non quando esso sia fissato su un supporto digitale che lo contenga), di certo il file rappresenta una cosa mobile, definibile quanto alla sua struttura, alla possibilità di misurarne l’estensione e la capacità di contenere dati, suscettibile di esser trasferito da un luogo ad un altro, anche senza l’intervento di strutture fisiche direttamente apprensibili dall’uomo» (para 1.7).

Redazione Giurisprudenza Penale

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