La Cassazione sulla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti in caso di intermediazione illegale di manodopera.
Cass. pen., Sez. III, Sent. 15 luglio 2020 (ud. 26 giugno 2020), n. 20901
Presidente Ramacci, Relatore Corbetta
Con la sentenza qui allegata la Corte si è pronunciata sulla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, ex art. 2 d. lgs. n. 74/2000, nel caso fatture registrate nell’ambito della dichiarazione IVA emesse da società operanti illecita somministrazione di manodopera.
Il Ricorrente, infatti, era stato condannato per tale reato, perché, in qualità di legale rappresentante di una S.r.l., al fine di evadere l’imposta sull’IVA per gli anni 2016, 2017 e 2018, aveva indicato nella dichiarazione IVA per gli anni di imposta 2017, 2018 e 2019 elementi passivi, previa annotazione nelle scritture contabili, costituiti da fatture emesse da alcune società, puntualmente indicate, relative ad operazioni giuridicamente inesistenti, atteso che l’attività posta in essere da dette società era riconducibile a un’illecita somministrazione di manodopera, dissimulata da fittizi contratti di appalto e servizi.
La Corte ha anzitutto ricordato l’esatta nozione di “fatture inesistenti”. Sul punto, “l’art. 1, lett. a) d.lgs. n. 74 del 2000 chiarisce che, ai fini del presente decreto legislativo per ‘fatture inesistenti’ si intendono, tra l’altro, le fatture ‘che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi’, ossia sono quei soggetti che, in realtà, non hanno preso parte all’operazione e sono invece indicati nel documento. Tale situazione abbraccia il caso in cui il soggetto che ha emesso il documento non ha però effettuato la prestazione cui il documento medesimo si riferisce, perché si tratta di un soggetto irreale, come nel caso di nomi di fantasia, oppure non ha avuto alcun rapporto con il contribuente finale. In tal modo, infatti, il contribuente fa apparire di avere speso somme in realtà non sborsate e pone così in essere una lesione del bene giuridico protetto, costituito dal patrimonio erariale”.
Conseguenza di tale interpretazione è il fatto che “il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d. lgs. n. 74 del 2000) è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA (…) esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura”.
Pertanto, “l’indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione, avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, anziché relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, non incide sulla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 2 del d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il quale, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo o soggettivo”.
Ad avviso del Supremo Collegio, quindi, “logico corollario di tale ricostruzione è che il delitto ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 è astrattamente configurabile nel caso di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto emettente la fattura e quello che ha fornito la prestazione. Si tratta di una conclusione coerente con il principio affermato da questa Corte, secondo cui è configurabile il concorso fra la contravvenzione di intermediazione illegale di mano d’opera (art. 18 d.lgs. n. 276 del 2003) ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000), nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione illegale di manodopera (…)”.