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Il Decreto Legge scarcerazioni torna sotto la lente della Corte costituzionale.

Magistrato di sorveglianza di Spoleto, dott. Fabio Gianfilippi, Ord. 18 agosto 2020, n. 1899

Come avevamo anticipato, con ordinanza del 26 maggio 2020, il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto aveva ritenuto “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dellart. 2 del d.l. 10 maggio 2020 n. 29, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi allemergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, per violazione degli artt. 3, 24 comma 2 e 111 comma 2 Cost.”.

Successivamente, in data 22 luglio 2020, la Corte costituzionale aveva annunciato la decisione “di restituire gli atti al Magistrato di sorveglianza di Spoleto per verificare se, alla luce delle modifiche introdotte con la successiva legge n. 70 del 2020, le questioni sollevate siano ancora non manifestamente infondate” (cfr. il Comunicato stampa della Consulta; in riferimento al d.l. 29/2020 e alla legge 70/2020 vd. rispettivamente i commenti di Giacomo GalazzoLaura Cesaris).

In particolare, nell’ordinanza di restituzione degli atti, depositata in data 30 luglio 2020 e più sotto allegata, la Corte aveva rilevato come “per effetto della legge di conversione (legge n.70 del 2020, n.d.r.), quando il magistrato di sorveglianza ha disposto in via provvisoria la revoca della detenzione domiciliare o del differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, il tribunale di sorveglianza è oggi tenuto a pronunciarsi sull’istanza di scarcerazione entro il termine perentorio di trenta giorni dalla ricezione del predetto provvedimento di revoca, all’esito di un procedimento disciplinato nelle forme dell’incidente di esecuzione (art. 666 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 678, comma 1, cod. proc. pen.), e dunque di un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti e ha la possibilità di interloquire in condizioni di parità nell’udienza all’uopo fissata”.

Nella propria decisione la Consulta ha innanzitutto posto l’accento sulla perentorietà del termine di 30 giorni entro cui il Tribunale di Sorveglianza deve pronunciarsi: ai sensi del nuovo comma 4 dell’art. 2 del D.L. n. 28 del 2020, così come convertito, difatti “se la decisione del tribunale non interviene nel termine prescritto, il provvedimento di revoca perde efficacia”.

La Corte ha anche puntualizzato come “le modifiche alla disposizione censurata introdotte dalla legge n. 70 del 2020 mirano a una più intensa tutela del diritto di difesa del condannato, cui è ora garantita una piena partecipazione al procedimento avanti il tribunale di sorveglianza nel termine perentorio di trenta giorni decorrenti dal provvedimento di revoca”. Le novelle introdotte dalla legge di conversione, in definitiva, sembrerebbero “orientate nella stessa direzione dell’ordinanza di rimessione, con un effetto che potrebbe essere ritenuto suscettibile di ridimensionare, o al limite di emendare, i vizi denunciati”.

Ricevuti gli atti, con nuova ordinanza pronunciata in data 18 agosto 2020 e qui allegata il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto ha nuovamente rimesso la questione alla Corte, ritenendola tutt’ora rilevante (“omessa una nuova valutazione sulla rilevanza, poiché già in modo espresso autorevolmente dalla stessa Corte Costituzionale”) e non manifestamente infondata, pur alla luce dello ius superveniens.

La questione di legittimità sollevata dal giudice umbro attiene alla violazione degli artt. 3, 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost. dell’art. 2 bis D.L. 20 aprile 2020 n.28, così come convertito “nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso”.

Secondo il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, il nuovo procedimentofrutto delle modifiche apportate in sede di conversione in legge dei d.l. 28 e 29/2020, lascia immutata la procedura dinanzi al magistrato di sorveglianza e differisce, dunque, da quello inizialmente previsto dall’art. 2 del d.l. 29/2020, soltanto per l’accelerazione nella valutazione collegiale, che segue l’eventuale revoca della misura concessa”.

L’immediato reingresso in carcere di un condannato per il quale il Magistrato di Sorveglianza ha effettuato una valutazione di sussistenza di condizioni di salute di particolare gravità, poste a particolare rischio durante il periodo di emergenza sanitaria da Covid-19, potrebbe comportare un gravissimo danno alla salute del detenuto (data la “subitanea implacabile rapidità del contagio”), in attesa di un provvedimento potenzialmente tardivo (seppur nei termini di legge) del Tribunale di Sorveglianza.

L’assenza di qualsiasi coinvolgimento della difesa nell’immutato procedimento dinnanzi al Magistrato di Sorveglianza, pertanto, non appare affatto ragionevole, così come il termine di 30 giorni entro cui il Tribunale è chiamato a pronunciarsi. Il Collegio, difatti, si troverebbe di fronte al “nodo gordiano di una valutazione tempestiva, ma privata della possibilità di svolgere, ad esempio, approfondimenti peritali, oppure di un rinvio a tale scopo che inevitabilmente travolge la intervenuta revoca e riconduce in libertà, per un’ulteriore frazione di tempo, il condannato, costretto ad una serie di reingressi in carcere che, come già evidenziato, sembrano difficilmente compatibili con la cura di gravi patologie e il rispetto del senso di umanità”.

Tali aspetti comportano una grave violazione al diritto alla difesa tecnica e al principio del contraddittorio nella parità delle parti, imposti perché si configuri un giusto processo, che hanno portato il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto a disporre una nuova trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.

Redazione Giurisprudenza Penale

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