Commento ad una recente sentenza di legittimità in tema di responsabilità ex d. lgs. 231/2001 per mancato aggiornamento della valutazione del rischio
in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 10 – ISSN 2499-846X
Cassazione Penale, Sezione IV, 5 maggio 2020 (ud. 22 gennaio 2020), n. 13575
Presidente Bricchetti, Relatore Esposito
1. La vicenda processuale.
La Sezione quarta penale, con la sentenza in commento, ha affrontato una questione processualmente piuttosto chiara, ossia la responsabilità penale del datore di lavoro ex art. 590 Cod. pen. per infortunio sul lavoro di un dipendente e conseguente responsabilità amministrativa dell’ente ex art. 25 septies, comma 3, D.lgs. 231/2001.
La pronuncia, comunque, si segnala per il rilievo attribuito, nella parte motiva, alla valutazione del rischio ed al conseguente aggiornamento del D.V.R.
Il ricorso per cassazione è stato presentato su una doppia conforme, con condanna dell’amministratore unico per lesioni colpose (art. 590, comma 3, Cod. pen.) e responsabilità per illecito amministrativo conseguente ex art. 25 septies, comma 3, D.lgs. 231/2001 determinata dalla violazione degli artt. 29 comma 3 e 77, comma 3, D.lgs. 81/2008, rispettivamente per non aver aggiornato la valutazione dei rischi e non aver fornito D.P.I. idonei per determinate operazioni.
Le omissioni, nello specifico, consistevano nel non aver valutato il rischio connesso all’operazione di sbloccaggio dell’iniettore della plastica e nel non aver fornito guanti idonei a proteggere il lavoratore dal getto di plastica incandescente derivato dall’aver fatto effettuare quest’operazione senza attendere il raffreddamento della camera calda.
La responsabilità amministrativa dell’ente, quindi, derivava dall’aver adottato “un modello organizzativo insufficiente rispetto alle finalità di prevenzione e protezione contro i rischi derivanti dalla rimozione della plastica e per il vantaggio economico consistito in un risparmio di spesa per il mancato acquisto dei guanti di protezione nonché nel maggior guadagno determinato dal non rallentamento della produzione dovuta all’attesa del raffreddamento del materiale plastico nei casi frequenti (3 o 4 volte per turno di lavoro) di intasamento delle presse”[1].
2. Il ricorso per cassazione.
La difesa presentava ricorso per cassazione contro la doppia conforme articolando tre motivi di gravame.
Col primo motivo si lamentava l’illogicità della motivazione in punto penale responsabilità dell’imputato ex art. 606, lett. e), Cod. proc. pen.; in primo luogo, infatti, Corte territoriale non aveva valutato il fatto che i lavoratori erano tutti dotati di guanti in cuoio oltra a quelli in gomma, con conseguente travisamento della prova per omessa valutazione di dati istruttori[2].
In secondo luogo, il D.V.R. prevedeva che lo sbloccaggio degli iniettori avvenisse solo successivamente all’allontanamento del lavoratore, per mezzo di idonee bacchette metalliche.
La Corte d’appello, infine, non avrebbe motivato in tema di colpa con riferimento alla prevedibilità ed all’evitabilità altrimenti dell’evento nonostante fosse provato che il D.V.R. prevedeva specificamente quel tipo di rischio, che i lavoratori fossero dotati di guanti, che fossero state fornite adeguate istruzioni sulle procedure da seguire e che l’azienda aveva dimensioni rilevanti e due stabilimenti.
Col secondo motivo la difesa censurava la sentenza di secondo grado ex art. 606 lett. b) ed e) Cod. proc. pen. per violazione degli artt. 40 e 590, comma 3, Cod. pen. e 29 e 77 D.lgs. 81/2008, anche per vizio di motivazione in punto nesso causale.
Secondo il ricorrente, infatti, se la Corte territoriale avesse effettuato un giudizio controfattuale sul rapporto tra condotta ed evento, non avrebbe potuto ritenere sussistente la condotta omissiva in capo all’imputato.
Posto, inoltre, che era emerso chiaramente in sede istruttoria il mancato rispetto da parte del dipendente delle procedure, non si poteva ipotizzare un nesso causale tra infortunio e mancato aggiornamento del D.V.R.
Con il terzo motivo veniva dedotto il vizio di motivazione in relazione alla responsabilità amministrativa dell’ente, con riferimento all’art. 5 D.lgs. 231/2001, per difetto dei requisiti di vantaggio o interesse dell’ente e per difetto di contestazione ex artt. 521 e 522 Cod. proc. pen.
L’azienda, in particolare, aveva acquistato due tipi di guanti per i dipendenti e non poteva essere addebitata la mancata formazione dei lavoratori in termini di vantaggio sia perché le procedure erano state illustrate da un preposto, sia perché non vi era stata specifica contestazione sul punto.
3. La pronuncia della Quarta sezione penale.
In via preliminare la Cassazione ha assolto l’imputato per intervenuta prescrizione del reato, avendo sia ritenuto ammissibile il ricorso, sia di non poter assolvere de plano ex art. 129, comma 2, Cod. proc. pen.
Ciò posto, la Quarta sezione decideva comunque di esaminare i motivi relativi all’imputato per valutare in via autonoma la sussistenza o meno dell’illecito amministrativo dell’ente, trattando in maniera congiunta i primi due motivi di gravame.
In primo luogo, la Corte ha confermato la posizione espressa dalla Corte territoriale in ordine all’inidoneità dei guanti forniti ai lavoratori e l’indispensabilità di guanti termici idonei per quello specifico rischio[3].
Secondo la Quarta sezione, inoltre, la Corte territoriale aveva effettuato correttamente il giudizio controfattuale, affermando che l’infortunio non era dovuto unicamente al difetto di D.P.I. idonei, ma anche ad altre serie omissioni e, soprattutto, la mancanza di adeguata formazione dei dipendenti, il difetto di una scheda stampo e il difetto di indicazione dei rischi e delle procedure per affrontarli nel D.V.R.
Queste considerazioni venivano ritenute assorbenti e determinavano il rigetto delle doglianze difensive in punto nesso causale e relativa motivazione[4].
In punto elemento soggettivo, infine, la Corte confermava la sentenza di secondo grado, laddove venivano esplicitate in maniera esauriente i temi di prevedibilità e prevenibilità dell’evento, atteso che si erano registrati pregressi sinistri simili, problematiche in ordine alla qualità dei guanti forniti, del manuale d’istruzioni del macchinario, la formazione dei dipendenti, il successivo aggiornamento del D.V.R. e l’omesso controllo sulle procedure seguite.
Nell’affrontare il terzo motivo di gravame, la Cassazione ha richiamato alcuni precedenti, anche recentissimi, a tenore dei quali il vantaggio di cui all’art. 5, D.lgs. 231/2001 può essere integrato anche “nella velocizzazione degli interventi manutentivi, che sia tale da incidere sui tempi di lavorazione”[5].
Conseguentemente, per la Quarta sezione, la Corte territoriale ha correttamente affermato la responsabilità amministrativa dell’ente, derivante anche dal risparmio sul mancato acquisto dei guanti idonei e sulla omessa o insufficiente formazione dei lavoratori.
La Cassazione ha inoltre escluso la violazione dell’art. 521 Cod. proc. pen. perché, in tema di delitti colposi, la modificazione “o l’aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto[6]” ai fini e per gli effetti di cui agli artt. 516 e 521 Cod. proc. pen.
La Corte, quindi, annullava senza rinvio in ordine alla responsabilità penale dell’imputato, essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione e confermava nel resto.
4. La valutazione dei rischi è, di fatto, il fulcro della responsabilità omissiva colposa da infortunio sul lavoro (e della conseguente responsabilità amministrativa dell’ente).
La Quarta sezione ha emesso un provvedimento snello, chiaro e lineare nel giudicare un fatto piuttosto complesso ma ben delineato negli elementi essenziali.
Si legge tra le righe come il mancato aggiornamento del D.V.R. sia inteso, dalla Corte, come prius logico-fattuale della verificazione del sinistro.
Detto altrimenti, tutti gli elementi portati dalla difesa si sono per così dire infranti contro l’assenza di una idonea valutazione dei rischi documentata nella sua sede naturale e nella conseguente mancata adozione di procedure appropriate.
Lo schema valutazione dei rischi – misure per la mitigazione dei rischi – adozione di procedure – istruzioni operative – tipico dei modelli di certificazione della qualità e necessario per i modelli organizzativi ex D.lgs. 231/2001 diventa, nei fatti, paradigma per la colpa generica e specifica nella responsabilità omissiva colposa da infortunio sul lavoro.
La prevedibilità viene inserita nel modello nell’ambito del risk assessment, mentre la prevenibilità e l’evitabilità si collocano nelle fasi operative, ossia nell’individuazione di misure di mitigazione e conseguente adozione di procedure ed istruzioni.
Un rischio non previsto, o non previsto correttamente, non può essere né escluso né mitigato nel miglior modo possibile: questo l’assunto, di fatto granitico, che emerge dalla lettura della sentenza in commento e dalla giurisprudenza in materia.
Ci si dovrebbe chiedere cosa accadrebbe nel caso in cui il rischio non sia correttamente previsto – e conseguentemente indicato nel D.V.R. – ma fosse mitigato efficacemente e mediante idonee procedure ed istruzioni chiare e fornite nel modo corretto.
Viene da pensare che, nella sostanza, in una simile ipotesi, assisteremmo ad un’inversione di fatto dell’onere della prova, che incomberebbe in capo all’imputato per il fatto colposo e sull’ente per la responsabilità amministrativa da organizzazione.
[1] Sentenza in commento, Ritenuto in fatto, §1, ultimo periodo.
[2] Nella specie, elementi di prova emersi in sede di esame testimoniale.
[3] La Corte, peraltro, ha affermato che il motivo andava rigettato anche per difetto di produzione dei verbali richiamati nel ricorso per violazione del principio di autosufficienza dello stesso; vedasi il § 4.1, pag. 4, nel Considerato in diritto.
[4] Anche in questo caso la Corte ha affermato che il motivo andava rigettato per difetto di produzione dei verbali richiamati nel ricorso per violazione del principio di autosufficienza dello stesso; vedasi il § 4.2, pag. 5, nel Considerato in diritto.
[5] Sentenza in commento, § 5 del Considerato in diritto, pag. 5, laddove si effettua il rimando a Cass., Sez. 4, sent. 29538 del 28.05.2019, Calcinoni, Rv. 276596.
[6] Sentenza in commento, § 5 del Considerato in diritto, pag. 6.
Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Borgobello, Commento ad una recente sentenza di legittimità in tema di responsabilità ex d. lgs. 231/2001 per mancato aggiornamento della valutazione del rischio, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 10