ARTICOLIDIRITTO PENALE

Non costituisce il reato di truffa ai danni dello Stato la condotta del medico legale che attesta falsamente l’esistenza dei requisiti per il rinnovo della patente.

[a cura di Lorenzo Roccatagliata]

Cass. pen., Sez. VI, Sent. 20 ottobre 2020 (ud. 22 settembre 2020), n. 28957
Presidente Di Stefano, Relatore Villoni

Con la sentenza in epigrafe, la Sezione sesta della Corte di cassazione si è pronunciata in merito ad una vicenda, nell’ambito della quale era contestato – fra l’altro – il reato di truffa ai danni dello Stato ex art. 640, comma 2, n. 1, c.p. all’imputato, nella sua qualità di medico legale operante presso la ASL.

La contestazione al vaglio della Corte era duplice. Per un verso, si era contestato all’imputato di essersi procurato un ingiusto profitto, previo raggiro della ASL competente, consistito nel sottoscrivere una clausola d’impegno a non esercitare attività libero professionale extra moenia, ma esclusivamente attività intra muraria, laddove le indagini avevano accertato la violazione della clausola stessa, esercitando il ricorrente attività professionale al di là dei limiti delle prestazioni intra moenia. 

Per altro verso, gli si è contestato di avere presentato presso la struttura economico-finanziaria della ASL fatture da emettere in relazione alla procedura di rinnovo della patente a carico di soggetti che in realtà mai si erano presentati a effettuare la regolare visita medico-legale, costituendo questo l’espediente per legalizzare procedure totalmente abusive in favore di richiedenti il rinnovo del titolo di guida privi dei requisiti per conseguirlo. 

Così ricostruiti i fatti, la Corte ha ritenuto “evidente il difetto in entrambi casi degli elementi costitutivi del delitto di truffa e cioè il raggiro o l’artificio in danno della parte offesa, l’induzione in errore ed infine la disposizione patrimoniale eseguita da quest’ultima“.

Nel primo caso difetta non solo una condotta fraudolenta – dal momento che la mera violazione della clausola pattuita non può integrare raggiro o artificio ma solo un illecito di natura civilistica derivante dal mancato rispetto di una delle condizioni convenute tra le parti contrattuali – ma anche qualsivoglia disposizione patrimoniale da parte della ASL”. 

Nel secondo caso (…) sussiste dissociazione tra l’ente pubblico che si assume raggirato (la ASL competente) e i soggetti che avrebbero subito la depauperazione patrimoniale, vale a dire i richiedenti il rinnovo della patente privi dei requisiti per conseguirla (per la necessità dell’identità soggettiva tra il soggetto che, indotto in errore dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione patrimoniale e il soggetto passivo del danno si veda l’innovativa e condivisibile Sez. 5, sent. n. 18968/2017)”. 

In tale ultimo caso, poi, è dubbio pure che vi sia stata effettiva depauperazione patrimoniale, atteso che l’emissione della fattura da parte della ASL costituiva in realtà l’espediente per legalizzare pratiche gestite dall’imputato in maniera completamente abusiva e anche a voler dare per assodato che i privati gli abbiano effettivamente corrisposto l’importo delle fatture emesse a loro carico, ciò avrebbero fatto in corrispettivo di un servizio realmente loro fornito, per quanto nell’ambito di un negozio avente causa illecita (art. 1343 cod. civ.)”. 

Conseguentemente, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Redazione Giurisprudenza Penale

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