CONTRIBUTIDIRITTO PENALE

Riforma dei delitti ambientali: prime riflessioni in merito alle novità proposte nel disegno di legge “Terra Mia”

in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 10 – ISSN 2499-846X

1. Il 17 ottobre scorso è stato depositato alla Camera dei Deputati il tanto annunciato disegno di legge “Terra Mia”, una proposta avanzata di concerto dai Ministeri dell’Ambiente e della Giustizia allo scopo di rafforzare, in ottica maggiormente repressiva, la vigente legislazione penale a tutela dell’ambiente.

Il provvedimento interviene rispettivamente sui delitti ambientali previsti nel Titolo VI-bis del codice penale, su alcune contravvenzioni del codice dell’ambiente e sulla disciplina di estinzione ivi prevista nella Parte Sesta-bis (D.Lgs. n. 152/06) e, infine, sul catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa dell’Ente contenuta all’art. 25-undecies del D.Lgs. n. 231/01.

2. Con riferimento al codice ambientale, si segnala la trasformazione da illecito amministrativo a reato contravvenzionale dell’abbandono di rifiuti da parte di soggetti privati (art. 255, comma 1) e l’estensione dell’ambito applicativo della disciplina della combustione illecita di rifiuti (art. 256-bis) ai fatti aventi ad oggetto rifiuti depositate in aree o impianti privatizzati o nei cassonetti. Viene inasprito il trattamento sanzionatorio del reato di discarica abusiva (art. 256, comma 3), prevedendo, altresì, la confisca obbligatoria dell’area asservita a discarica ad eccezione del in cui sia di proprietà di terzi estranei al reato e lasciando fermi in ogni caso gli obblighi di ripristino e di bonifica dello stato dei luoghi; inoltre, viene reso più difficoltoso per i proprietari dei fondi rientrare in possesso delle aree confiscate o sequestrate utilizzate da terzi come discariche abusive, dovendo dimostrare non solo di essere in buona fede e di non aver tratto profitto dall’altrui attività illecita, ma anche di aver adottato ogni più opportuna diligenza al fine di evitare l’impiego dei propri beni in detta attività.

3. Con riferimento al codice penale, invece, si segnalano innanzitutto alcuni correttivi volti ad estendere l’ambito di operatività dell’istituto della confisca c.d. “allargata” o “per sproporzione” (art. 240-bis c.p.) – con l’inserimento dei reati ex artt. 452-bis, 452-ter, 452-sexies e 452-quaterdecies – e delle pene accessorie dell’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (art. 32-bis c.p.) – con l’introduzione di un’ipotesi applicativa speciale al nuovo art. 452-quinquiesdecies in caso di condanna per i reati ex artt. 452-bis, 452-ter, 452-quater e 452-sexies – e dell’incapacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione (art. 32-quater c.p.) – includendo nel novero dei reati anche quelli di cui agli artt. 452-ter e 452-terdecies c.p.

Le modifiche più significative attengono, però, al Titolo VI-bis, rubricato “Delitti contro l’Ambiente” [1].

Il d.d.l. si propone di modificare il trattamento sanzionatorio del delitto di inquinamento ambientale ex art. 452-bis, agendo in una duplice direzione: da un lato, attraverso la trasformazione in aggravante ad effetto speciale della circostanza prevista al comma 2 di commissione del fatto all’interno di «un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico» ovvero «in danno di specie animali o naturali protette», con aggravamento del trattamento sanzionatorio da un terzo alla metà della pena base; dall’altro, con l’aggiunta, sempre al comma 2, di un’ulteriore aggravante ad effetto speciale ma ancor più incisiva (aumento di pena da un terzo a due terzi), per l’ipotesi di «deterioramento, compromissione o distruzione di un habitat all’interno di un sito protetto».

Altresì modificato risulterebbe il delitto di disastro ambientale. Oltre alla trasformazione dell’aggravante previsto al comma 2 negli stessi termini appena esposti per il 452-bis c.p., la riforma si propone di eliminare la clausola di riserva[2] dal testo della disposizione incriminatrice dell’art. 452-quater c.p.: «All’articolo 452-quater del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, primo periodo, le parole “Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, Chiunque” sono sostituite dalle seguenti: “Chiunque”».

Qualora la riforma venisse approvata, occorre valutare quali effetti questa eliminazione produrrebbe sui processi già pendenti al momento della sua entrata in vigore[3]. L’interrogativo ha ragione di esistere unicamente in rapporto a condotte che presentino un duplice requisito:

a) siano iniziate nella vigenza della disciplina attuale e siano proseguite, senza esaurirsi, anche successivamente all’eventuale entrata in vigore della riforma in commento;

b) siano astrattamente sussumibili in entrambe le fattispecie di reato, con la conseguenza che la risposta sarà necessariamente influenzata dalla posizione che si predilige in ordine ai rapporti strutturali intercorrenti tra le due figure di disastro, innominato ex art. 434, nell’ipotesi di disastro effettivamente verificatosi prevista dal comma 2, e ambientale ex art. 452-quater c.p., come declinato ai numeri 1, 2, 3.

La precisazione di cui al primo punto si giustifica in virtù del fatto che nulla questio si pone in riferimento ai disastri originati da condotte che dovessero iniziare ed esaurirsi prima della immaginata entrata in vigore della novella – e, quindi, della scomparsa della clausola in apertura dell’art. 452-quater – . In tal caso, infatti, anche laddove gli effetti lesivi dovessero prolungarsi dopo la modifica normativa, continuerebbe ad applicarsi la normativa in vigore al momento della cessazione della condotta – momento consumativo dei reati istantanei ad effetto permanente, adesivamente alla giurisprudenza Eternit, secondo cui «la consumazione cessa con il cessare della condotta e non con il venir meno degli effetti disastrosi o con la mancata rimozione degli stessi»[4] – con conseguente prevalenza applicativa dell’art. 434, giusto appunto quanto previsto dalla clausola. Analogamente, nessun problema si porrebbe con riferimento a condotte che dovessero iniziare integralmente dopo l’ipotetica entrata in vigore della riforma: il principio del tempus regit actum imporrebbe, infatti, l’applicazione pacifica della nuova disciplina, che in assenza della clausola di sussidiarietà, porterebbe alla contestazione ex art. 452-quater.

Il punto critico della questione è, invece, il secondo: sempre in presenza di disastri originati da condotte poste in essere a cavallo della riforma, la risposta all’interrogativo sarà inevitabilmente condizionata dalla tesi che si predilige in ordine ai rapporti tra le due fattispecie incriminatrici del disastro, con due diversi sbocchi. Qualora si escludesse in radice la possibilità di interferenze tra la fattispecie innominata e quella ambientale di disastro, si potrebbe paventare la possibilità di un concorso di reati, con conseguente applicazione dell’art. 434, comma 2, limitatamente alla parte di condotta posta in essere prima dell’entrata in vigore della riforma (data la presenza nella disciplina attuale della clausola di sussidiarietà) e dell’art. 452-quater c.p. per quella porzione di condotta posta in essere dopo la modifica normativa (che eliminerebbe la clausola di sussidiarietà).

Ragionare in questi termini, tuttavia, significherebbe escludere la sussistenza di un rapporto di specialità tra le due fattispecie, ammettendo quindi di essere in presenza di uno di quei casi in cui è “diversamente stabilito” previsti dal citato articolo 15.

Diversamente, qualora si ritenga che tra le disposizioni degli articoli 434, comma 2, e 452-quater siano ipotizzabili punti di contatto e, quindi, le norme avvinte da un rapporto di specialità, la questione sarà risolta facendo appello ai principi in materia di concorso apparente di norme, secondo quanto previsto dall’art. 15 del codice penale, con conseguente applicazione di una ed una sola fattispecie di reato. In tal caso, a giudizio di chi scrive, non può escludersi a priori l’intera condotta, anche qualora questa dovesse iniziare nel vigore dell’attuale disciplina che dà prevalenza applicativa alla fattispecie meno grave di disastro innominato, verrà punita ricorrendo alla più grave fattispecie di cui all’art. 452-quater.

Difatti, pur prevedendo quest’ultima una cornice edittale e un termine di prescrizione più sfavorevole rispetto alla contestazione dell’art. 434, qualora la condotta causativa del disastro si protraesse anche dopo l’entrata in vigore del trattamento peggiorativo dettato dalla soppressione della clausola di sussidiarietà, verrebbe meno l’esigenza di prevedibilità sottesa al divieto di applicazione retroattiva delle modifiche in pejus.

4. Il d.d.l., infine, mira ad ampliare anche il catalogo dei reati ambientali presupposto cui consegue la responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. n. 231/2001), includendovi, all’art. 25-undecies, le fattispecie codicistiche di incendio boschivo (art. 423-bis), morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art. 452-ter), impedimento del controllo (452-septies), omessa bonifica (art. 452-terdecies) e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies) – quest’ultima soltanto rubricata nella nuova collocazione essendo già presente nell’art. 260 del D.Lgs. n. 152/06 – e, al nuovo art. 25-undecies.1 quella extra-codicistica di lottizzazione abusiva (artt. 30, 44, lett. c), D.P.R. n. 380/01).


[1] Senza pretesa di esaustività, sulla riforma degli “eco-delitti”, si vedano, su tutti, tra le opere monografiche e manualistiche: Accinni, Disastro ambientale, Dall’horror vacui all’horror pleni, Milano, 2018; Cornacchia-Pisani, Il nuovo diritto penale dell’ambiente, cit.; Ficco (a cura di), Gestire i rifiuti tra legge e tecnica, Edizioni Ambiente, Milano, 2018; Fimiani, La tutela penale dell’ambiente, i reati e le sanzioni, il sistema delle responsabilità, le indagini, il processo e la difesa, Milano, 2015; Manna (a cura di), Il nuovo diritto penale dell’ambiente, Roma, 2016; Parodi (a cura di), Diritto penale dell’impresa, vol. II, Torino, 2017; Ruga Riva, Diritto penale dell’ambiente, III ed., Torino, 2018; Id., I nuovi ecoreati, Commento alla legge 22 maggio 2015, n. 68, Torino, 2015; Id., La legge sugli ecoreati due anni dopo. Un dialogo tra dottrina e giurisprudenza, Torino, 2018; Satta, Disastro ambientale e rifiuti radioattivi. Prevenzione e sanzione unione europea, Italia e Spagna, Napoli, 2008; tra le pubblicazioni e note a sentenza, si vedano, invece: Amoroso, Il disastro ambientale tra passato e futuro, in Cass. pen., 09/2018, 2953; Forzati, Irrilevanza penale del disastro ambientale, regime derogatorio dei diritti e legislazione emergenziale: i casi Eternit, Ilva ed emergenza rifiuti in Campania. Lo stato d’eccezione oltre lo Stato di diritto, in Diritto Penale Contemporaneo, 2018; Masera, I nuovi delitti contro l’ambiente, voce per il “Libro dell’anno del diritto Treccani 2016”, in Diritto penale contemporaneo, 17 dicembre 2015; Melzi D’Eril, L’inquinamento ambientale a tre anni dall’entrata in vigore, in Diritto Penale Contemporaneo, 2017; Molino, Rel. n. III/04/2015, Corte di Cassazione. Ufficio del Massimario. Settore penale, Novità legislative: Legge n. 68 del 22 maggio 2015 recante “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, 2015; Padovani, Legge sugli ecoreati, un impianto inefficace che non aiuta l’ambiente, in Guida dir., 32/2015, 10; Ramacci, Prime osservazioni sull’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel codice penale e le altre disposizioni della legge 22 maggio 2015, n. 68, in Lex Ambiente, 8 giugno 2015; Riccardi, L’inquinamento ambientale: quando il deficit di precisione compromette il fatto tipico, in Diritto Penale Contemporaneo, 2017; Ruga Riva, Il delitto di inquinamento ambientale al vaglio della Cassazione: soluzioni e spunti di riflessione, in Diritto Penale Contemporaneo, 2017; Id., Dolo e colpa nei reati ambientali, in Diritto Penale Contemporaneo, 2015; Id., Commento al testo base sui delitti ambientali adottato dalla Commissione Giustizia della Camera, in Diritto Penale Contemporaneo, 2015.
[2] Sul tema, si veda, Amoroso, Il disastro ambientale tra passato e futuro, cit., 2953
[3] Si veda, Riccardi, “I “disastri ambientali”: la cassazione al crocevia tra clausola di salvaguardia, fenomeno successorio e concorso apparente di norme”, in www.penalecontemporaneo.it, Fascicolo 10/2018 il quale osserva, a pag. 335 quanto segue: «Se è assunto pacifico, sotto l’aspetto dogmatico, che funzione della clausole di riserva sia delimitare i rapporti tra fattispecie incriminatrici in funzione regolatoria del concorso apparente di norme, poco condivisibile è l’affermazione con cui si riconosce che obiettivo della clausola stessa, «nel caso di specie e nei limiti del possibile», è quello di «garantire le sorti dei processi già avviati con l’accusa di disastro innominato ex art. 434 c.p.», adesivamente a quanto espresso in sede preparatoria della l. 22 maggio 2015 n. 68. L’argomentazione da ultimo illustrata, infatti, appare quantomeno singolare, se non addirittura erronea – non a caso vi è stato chi autorevolmente ha giudicato la clausola «“curiosa” fino al paradosso» – nella misura in cui attribuisce la funzione di disciplinare un fenomeno (i profili intertemporali tra reati in caso di successione di norme penali) a un elemento di fattispecie che, intrinsecamente, è deputato al governo di fenomeno affatto differente, appunto il concorso apparente di norme. In questo senso, se così interpretata, la clausola risulta anzitutto inopportuna perché, nell’intento di marcare i confini con l’articolo 434 c.p., legittima per tabulas l’interpretazione giurisprudenziale favorevole alla “flessione ambientale” dello stesso, sancendone assurdamente la prevalenza applicativa rispetto alla fattispecie dell’articolo 452-quater c.p. (che, tra l’altro, è sanzionata più gravemente), oltre che inutile, in quanto il nuovo articolo 452-quater c.p. non lascia alcuno spazio applicativo all’articolo 434 c.p. se non quello già attribuibile – indipendentemente dalla clausola di riserva – a un fatto completamente diverso, disciplinato nell’ambito dei delitti contro l’incolumità pubblica».
[4] Corte d’Appello di Torino, Sentenza 3 giugno 2013, Pres. Oggé, Imp. Schmidheiny, con nota a sentenza di Zirulia, Caso Eternit: luci ed ombre sulla sentenza di condanna in primo grado, in Riv. it. dir. e proc. pen., n. 1/2013, pp. 471 s.s..

Come citare il contributo in una bibliografia:
E. Napoletano, Riforma dei delitti ambientali: prime riflessioni in merito alle novità proposte nel disegno di legge “Terra Mia”, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 10