Decreto scarcerazioni: infondate le questioni di legittimità costituzionale. Il comunicato della Corte Costituzionale.
Era prevista per il 4 novembre l’udienza davanti alla Corte Costituzionale sulle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2 del d.l. 10 maggio 2020 n. 29 (“Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19”) «nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, per violazione degli artt. 3, 24 comma 2 e 111 comma 2 Cost.».
Come avevamo anticipato, la questione di legittimità costituzionale era stata sollevata per la prima volta nel mese di Maggio ma la Corte Costituzionale, con una prima decisione, aveva deciso di restituire gli atti al Magistrato di sorveglianza di Spoleto per verificare se, alla luce delle modifiche introdotte con la successiva legge n. 70 del 2020, le questioni fossero ancora non manifestamente infondate.
A seguito della restituzione degli atti, il Magistrato di sorveglianza di Spoleto aveva nuovamente sollevato questione di legittimità costituzionale con ordinanza del 18 agosto 2020.
Secondo quanto si apprende dal sito della Corte Costituzionale, la Consulta ha ritenuto le questioni non fondate.
Riportiamo, di seguito, il testo del comunicato stampa:
La Corte costituzionale, riunita oggi in camera di consiglio, ha esaminato le questioni sollevate dal Tribunale di sorveglianza di Sassari e dai Magistrati di sorveglianza di Spoleto e di Avellino sul decreto legge n. 29 del 2020 e sulla legge n.70 del 2020 relativi alle scarcerazioni, connesse all’emergenza COVID, di detenuti condannati per reati di particolare gravità.
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che le questioni sono state ritenute infondate.
La disciplina censurata impone ai giudici di sorveglianza di verificare periodicamente la perdurante sussistenza delle ragioni che giustificano la detenzione domiciliare per motivi di salute. A tal fine, i giudici sono tenuti ad acquisire una serie di documenti e di pareri, in particolare da parte dell’Amministrazione penitenziaria, della Procura nazionale antimafia e della Procura distrettuale antimafia.
La Corte ha ritenuto che questa disciplina non sia in contrasto con il diritto di difesa del condannato né con l’esigenza di tutela della sua salute né, infine, con il principio di separazione tra potere giudiziario e potere legislativo.
La motivazione della sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.