La Cassazione sui presupposti dell’aggravante del metodo mafioso e sui suoi rapporti con il reato di associazione mafiosa.
[a cura di Lorenzo Roccatagliata]
Cass. pen., Sez. V, Sent. 19 novembre 2020 (ud. 27 ottobre 2020), n. 32533
Presidente Palla, Relatore Pistorelli
Con la sentenza qui allegata, la Corte di cassazione, Sezione quinta, si è pronunciata sui presupposti per il riconoscimento della aggravante cd. del metodo mafioso, prevista dall’art. 416 bis.1 c.p., e sui rapporti tra quest’ultima e il reato di associazione mafiosa punito dall’art. 416 bis c.p.
In particolare, il Collegio, dando seguito al proprio prevalente orientamento, ha affermato che “l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso non presuppone necessariamente l’esistenza di un’associazione riconducibile all’art. 416-bis c.p., essendo sufficiente, ai fini della sua configurabilità, il ricorso a modalità della condotta che evochino la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso. La stessa è pertanto configurabile con riferimento tanto ai reati-fine commessi nell’ambito di un’associazione criminale, comune, quanto nel caso di reati posti in essere anche da soggetti estranei al contesto associativo (…). In altri termini per la sussistenza dell’aggravante nella forma evocata è sufficiente che la condotta assuma veste tipicamente mafiosa e cioè che l’agente ponga in essere, nella commissione del fatto a lui addebitato, un comportamento minaccioso tale da richiamare alla mente ed alla sensibilità del soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi appartenga ad un sodalizio del genere anzidetto”.