Peculato e omesso versamento dell’imposta di soggiorno dopo il decreto rilancio: anche il Tribunale di Perugia, con diverse motivazioni, ha ritenuto intervenuta una abolitio criminis (con irretroattività delle nuove sanzioni amministrative)
[a cura di Guido Stampanoni Bassi]
Tribunale di Perugia, Sezione Penale, 24 novembre 2020
Presidente Verola, Relatore Loschi
Segnaliamo ai lettori la sentenza con cui il Tribunale di Perugia si è pronunciato sugli effetti prodotti dall’art. 180 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto rilancio) sulla configurabilità del delitto di peculato nel caso di omesso versamento dell’imposta di soggiorno.
Il Tribunale – discostandosi dalle precedenti decisioni del Tribunale di Rimini, della Corte di Cassazione e del Tribunale di Roma – ha ritenuto di dover ricondurre il fenomeno successorio «non nell’ambito del fenomeno della successione di leggi extrapenali nel tempo, bensì facendo applicazione della distinta e specifica disciplina dettata dall’art. 9 legge 689/87 1981 per l’ipotesi del concorso eterogeneo di norme, che ricorre ogniqualvolta un medesimo fatto risulti prima facie riconducibile sia ad una fattispecie penale incriminatrice, sia ad un illecito amministrativo».
I presupposti affinché possa ravvisarsi un concorso apparente di norme – si legge nella sentenza – «sono rappresentati dalla contemporanea vigenza di una pluralità di norme tra loro non antinomiche, dall’identità della condotta da esse considerata nonché, infine, dalla circostanza per cui una sola delle disposizioni risulta concretamente applicabile».
Dopo aver riepilogato i criteri alla luce dei quali si devono risolvere i casi di concorso omogeneo ed eterogeneo tra norme, il Tribunale è passato ad esaminare la struttura del delitto di peculato e della violazione amministrativa di cui si discute, al fine di verificare l’esistenza di un’area, comune e sovrapponibile, tra le condotte descritte dalle norme concorrenti.
Con riferimento a tale area di sovrapposizione – rappresentata dalla condotta appropriativa di somme di denaro posta in essere dall’incaricato di pubblico servizio – secondo il Tribunale «non può seriamente dubitarsi che l’illecito amministrativo di nuovo conio risulti caratterizzato da plurimi profili di specialità ai sensi dell’art. 8 l. 689/1981, tali da determinare l’abolitio criminis delle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno da parte dei gestori delle strutture ricettive poste in essere antecedentemente alla data di entrata in vigore del cd. decreto rilancio».
Più nel dettaglio, «ci si trova al cospetto di un rapporto di specialità unilaterale per plurima specificazione che consente di ritenere senz’altro speciale la fattispecie amministrativa di nuovo conio, con conseguente parziale abolitio criminis delle condotte originariamente ricomprese nell’art. 314 c.p.».
Dopo aver riepilogato i profili di specialità – relativi all’individuazione del soggetto agente, alla descrizione della condotta sanzionata e all’oggetto della condotta – il Tribunale ha ritenuto corretto affermare che «il legislatore del cd. decreto rilancio, nell’ambito di tutte le condotte originariamente prese in considerazione dall’art. 314 c.p., ne abbia selezionate una “porzione” soltanto – o, se si preferisce, uno specifico sottoinsieme – facendole confluire all’interno di un distinto (e, per le ragioni illustrate, al contempo speciale) illecito amministrativo, senza tuttavia abrogare formalmente la fattispecie incriminatrice che, vigente al momento del fatto, contemplava la medesima fattispecie».
Si è affrontato, da ultimo, il tema della legittimità di un’eventuale trasmissione degli atti da parte dell’Autorità Giudiziaria in favore della Autorità Amministrativa competente all’irrogazione della sanzione amministrativa; trasmissione che secondo il Tribunale deve «pacificamente ritenersi preclusa, al pari – più in generale – di un’applicazione retroattiva dell’illecito amministrativo di nuovo conio e delle relative sanzioni».
L’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative di recente introduzione – conclude il Tribunale – «neppure potrebbe essere giustificata sulla scorta di presunte ragioni di giustizia sostanziale: è al legislatore – e non certo al giudice – che sarebbe spettato il compito di valutare, quantomeno in sede di conversione del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (come peraltro tempestivamente suggerito da parte di autorevole dottrina) l’opportunità dell’inserimento di una norma transitoria o di diritto intertemporale; opportunità che è stata – implicitamente ancorché inequivocabilmente – scartata da parte del legislatore nell’esercizio, non irragionevole, della propria discrezionalità».