L’art. 416-bis c.p. alla “prova” delle cd. “nuove mafie”: dall’esteriorizzazione della forza di intimidazione alla “riserva di violenza”
in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 12 – ISSN 2499-846X
Il metodo mafioso e la partecipazione associativa rappresentano attualmente gli aspetti più problematici dell’art. 416 bis c.p. Il presente contributo si propone di mettere in luce i contrasti giurisprudenziali sottesi al tema delle c.d. “nuove mafie”, con l’intento di cogliere gli incerti confini definitori della fattispecie associativa mafiosa.
Il metodo mafioso deve essere, infatti, riconsiderato allo scopo di valutare il ruolo di nuovi fenomeni associativi mafiosi, nell’ambito di un’indagine interdisciplinare, in grado di tenere in debito conto la quaestio della riconoscibilità e della tassatività della fattispecie ex art. 25 Cost., richiesta anche dalla giurisprudenza sovranazionale.
Emblema del predetto allontanamento dal paradigma di tipicità può essere identificato nel recente caso c.d. “Mafia Capitale”, la cui giurisprudenza ha posto di fronte ad una qualificazione della fattispecie ex art. 416 bis. c.p. in termini di «fattispecie in movimento» (per un approfondimento su quest’ultima vicenda, rinviamo alle motivazioni della Corte di Cassazione nonché all’articolo di E. Cipani, L’art. 416-bis c.p. alla luce della recente pronuncia di Cassazione nel processo cd. “mafia capitale”: una “fattispecie in movimento” nel rispetto del principio di tassatività e determinatezza, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 6).
Come citare il contributo in una bibliografia:
M. C. Canato, L’art. 416-bis c.p. alla “prova” delle cd. “nuove mafie”: dall’esteriorizzazione della forza di intimidazione alla “riserva di violenza”, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 12