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Un manuale sulla sanzione penale: sulla dignità dell’esecuzione della pena come sapere interdisciplinare. Recensione al “Manuale di diritto penitenziario” di Fabio Fiorentin e Carlo Fiorio (Giuffrè)

1. Edito dalla casa editrice Giuffrè Francis Lefebvre è il volume a doppia firma di Fabio Fiorentin e Carlo Fiorio: si tratta di un manuale di diritto penitenziario, di 613 pagine, suddiviso in nove parti, ognuna delle quali dedicata ad una fase dell’esecuzione della pena, dalla sanzione, al rapporto esecutivo, fino al momento successivo all’espiazione della pena, detentiva e pecuniaria, senza tralasciare anche aspetti apparentemente secondari, ma fondamentali, come gli effetti penali della condanna, nel post-pena.

Da una primissima lettura dell’indice, si scorge infatti l’attenzione degli autori a fornire un testo, corposo, articolato (complesso quanto la materia stessa), e, allo stesso tempo agile, con l’ausilio anche di mappe concettuali, poste a sintesi del singolo capitolo. Un testo pratico, per gli operatori del settore, esperti e appassionati, o, alle prime armi; un testo ideale anche per chi si approccia alla materia, per motivi di studio, dato che consente una panoramica ampia e di sistema su tutta la materia esecutiva, dalle origini fino agli ultimi aggiornamenti normativi, dettati dall’emergenza sanitaria in corso.

Una sensibilità particolare, di cui gli autori già ci hanno abituati nei loro numerosissimi lavori, e, che restituisce una visione dell’esecuzione della pena, in tutta la sua dignità e intensità tecnico-normativa, ma anche umana. Solo un approccio trasversale e interdisciplinare può rendere infatti appieno la complessità di una materia, che, fino a qualche decennio fa, era ad appannaggio di pochi, mentre oggi rappresenta un momento centrale di riflessione non solo per la tutela dei diritti delle persone recluse in carcere (c.d. il diritto penitenziario in senso stretto), ma anche per l’esecuzione della pena detentiva, dal rapporto esecutivo (v. titolo esecutivo e giurisdizione sul rapporto esecutivo), e sull’eseguibilità stessa della sentenza di condanna, o, anche, sui rapporti con la giurisdizione esecutiva e la c.d. “rieducativa” (v. la Magistratura di Sorveglianza), fino allo stesso rapporto tra processo penale e giudicato penale di condanna. Perché sì, come sottolineano bene gli autori, la materia penitenziaria non può essere confinata solamente a questioni tecniche sulle misure alternative e sulla gestione della vita detentiva all’interno degli istituti penitenziari, ma abbraccia questioni di sistema, molto più ampie, che devono indurre l’operatore del diritto a riflettere sulla pena sin dal processo, sin dai suoi esiti, sin dalla sanzione.

2. Processo e pena sono due concetti che devono andare di pari passo: bene gli autori fanno quindi ad iniziare il volume con un momento concettuale fondamentale, che precede addirittura e rappresenta il contenuto del giudicato penale di condanna: la sanzione (v. Parte Prima “L’esecuzione penale” – Sezione I “Organi e Soggetti”, pag. 3-10).

La sanzione penale infatti rappresenta il momento cardine dell’esecuzione penale perché ne delinea forme, procedure e applicazioni pratiche, sia nell’an (v. pena detentiva o pecuniaria o sostitutiva), sia nel quomodo che nel quantum (v., la questione del sopra o sotto la soglia prevista dalla legge per il beneficio della sospensione dell’esecuzione penale), nonché per il titolo di reato che determina quel tipo di condanna (v., ad es., la disciplina “ostativa” ai benefici penitenziari, misure alternative e sospensione dell’esecuzione penale). Il rapporto esecutivo diventa dunque estrinsecazione concreta del diritto penale sostanziale, astratto, per precetti e sanzioni, e si cala sulla persona, per il tramite degli esiti processuali. Complessità tecnica e intensità umana si intrecciano per delineare una disciplina, su cui tutti gli attori del procedimento esecutivo devono vigilare affinchè si svolga nella legalità, secondo le regole procedimentali e nel rispetto della dignità umana della persona destinataria del giudicato penale di condanna. In tale ottica, diviene fondamentale, quindi, la precisazione concettuale rispetto alle parti del procedimento esecutivo, in apertura del volume (Parte Prima “L’esecuzione penale” – Sezione I “Organi e Soggetti”; Capitoli 2, 3, 4, 5, pag. 13-54).

Per le stesse ragioni, si coglie con favore l’approfondimento svolto dagli autori su tutte le forme, anche pre-processuali, di privazione della libertà personale: il processo penale e le sue sorti possono infatti trovare il proprio inizio anche in una fase (pre)investigativa che esplica, in alcuni casi, degli effetti importanti anche durante il processo e in fase esecutiva (così, ad es., per i reati inerenti la criminalità organizzata, formando il c.d. “processo penale differenziato” e “doppio binario penitenziario”; della stessa sorte anche per alcuni reati contro la persona, anche alla luce di recenti riforme come quella di cui alla legge n. 69 del 2019, denominato c.d. “Codice rosso”).

Estendendo un’espressione cara alla dottrina, che ha identificato il destino di condannati alla pena detentiva o dell’ergastolo in situazioni analoghe a quella di Scoppola (n. 2) c. Italia, e, in termini simili anche per il dibattito su Contrada (n. 3) c. Italia, si ha la percezione – suffragata anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2020 – che l’esecuzione della pena non sia più una “figlia di un dio minore”, di quel dio che ispira e informa principalmente il processo penale (Parte Prima “L’esecuzione penale” – Sezione II “Il titolo esecutivo”; Capitoli 7, 8, pag. 55-108). Gli autori ne sono perfettamente consapevoli, sia a livello di metodo, sia di approccio allo studio della materia, sia – ad avviso di chi scrive – per la rilevanza dedicata anche al tema dell’emergenza sanitaria che ha riguardato da vicino il mondo carcerario. Con i d.l. n. 28 e 29 del 2020, infatti, il legislatore è intervenuto massicciamente nelle maglie dell’ordinamento penitenziario, anche a contenimento di dibattiti e contrasti politici e mediatici, in materia di permessi di necessità e di misure alternative per motivi di salute, laddove valutate e concesse per autori di reati particolarmente “gravi” (e, principalmente inerenti la criminalità organizzata). Le ricadute pratiche di tali riforme emergenziali (giunte anche alla Corte costituzionale, che le ha ritenute non fondate, con sent. n. 245 del 2020) sono questioni importanti, di cui ormai l’operatore del diritto deve scontrarsi e che non si possono ignorare (Parte Prima “L’esecuzione penale” – Sezione II “Il titolo esecutivo”; Capitolo 9, pag. 109-134).

3. L’iter applicativo ideale prosegue, con la parte centrale, dedicata ai diritti e ai doveri delle persone recluse all’interno degli istituti penitenziari, facendo anche il punto della disciplina applicativa, con un’analisi delle principali riforme intervenute, fino alla modesta riforma del 2018, con i d.lgs. nn. 121 e 123 del 2 ottobre 2018, nonché dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo: un esame molto dettagliato e approfondito (Parte Seconda “Il trattamento penitenziario” – Sezione “Il trattamento penitenziario”; Capitoli 11, 12, pag. 145-242). In linea con la più recente giurisprudenza costituzionale (v. Corte cost. n. 149 del 2018, n. 253 del 2019, n. 263 del 2019, n. 32 del 2020), gli autori isolano poi una sezione dedicata alla c.d. “progressione nel trattamento penitenziario”, intendendo con ciò delineare gli istituti premiali della liberazione anticipata e del permesso, di necessità, e quello premio (Parte Seconda “Il trattamento penitenziario” – Sezione II “La progressione nel trattamento penitenziario”; Capitolo 14, pag. 253-263). Due istituti di più immediata applicazione, che, ad ogni modo, nel corso degli ultimi decenni, anche in relazione ai momenti “caldi” di emergenza da sovraffollamento, sono stati interessati da questioni tecniche di non poco conto: una svolta applicativa, dirimente, si è avuta, ad es., in relazione alla disciplina generale del permesso premio, con l’estensione a giorni 15 per la proposizione del reclamo avverso la decisione del magistrato di sorveglianza (espungendo dall’ordinamento penitenziario il termine “ristretto” ad ore, in 24 ore; così Corte cost. n. 113 del 2020).

4. Ancor più centrale, la parte dedicata alla “esecuzione penitenziaria”, con la Sezione I “I benefici per la risocializzazione dei condannati e degli internati”: una parte corposa, contraddistinta da ben 7 capitoli (Parte Terza “L’esecuzione penitenziaria” – Sezione I “I benefici per la risocializzazione dei condannati e degli internati”; Capitoli 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, pag. 269-410). Gli autori, oltre a delineare i tratti portanti delle misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà), dedicano ampio spazio alle misure “particolari”, dettate da “finalità terapeutiche”, e, alla misura dell’esecuzione della pena presso il domicilio, introdotta con l’art. 1 della legge n. 199 del 2010, tra i primi provvedimenti deflativi post sentenza Sulejmanovic c. Italia, e destinata ad essere un misura “diversamente” alternativa, ormai di grande applicazione pratica (e, peraltro, interessata da modifiche e interpolazioni, per effetto della disciplina emergenziale, derogatoria, e non abrogativa, introdotta prima con il d.l. c.d. “Cura Italia” e poi con l’ultima riforma del c.d. d.l. “Ristori” n. 137 del 2020). Chiude la parte incentrata sulle misure alternative, un capitolo interamente dedicato alla liberazione condizionale (Parte Terza “L’esecuzione penitenziaria” – Sezione I “I benefici per la risocializzazione dei condannati e degli internati”; Capitolo 18, pag. 341-354).

5. La sezione appena descritta risulta quanto mai rilevante, per il passaggio ideale, dalla regola all’eccezione, con la sezione successiva, che ospita la c.d. “disciplina ostativa” ai benefici penitenziari e alle misure alternative: non a caso, la sezione è intitolata «Il doppio “binario penitenziario”», alludendo con tale espressione a tutte quelle norme (in sostanza, la norma simbolo, contenitore, dell’art. 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario) che precludono l’accesso alle misure premiali e a quelle di comunità. Trattasi infatti di un regime eccezionale, che, trova la propria ratio nella lotta preventiva alla criminalità organizzata, anche in fase esecutiva, per il tramite dello strumento principe della collaborazione con la giustizia, e si estende, ad oggi, ad una vasta categoria eterogenea di autori di reati, strutturalmente differenti tra loro, che vanno dal reato associativo di stampo mafioso, ai reati sull’immigrazione clandestina e spaccio ingente e associativo di stupefacenti, fino a comprendere la rapina aggravata, ai reati a sfondo sessuale, nonché, da ultimo ai delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (v., altra riforma cardine degli ultimi decenni, la c.d. legge Spazza-corrotti, n. 9 del 2019). Il lavoro degli autori si apprezza particolarmente, nella misura in cui, oltre a ricostruire la normativa dell’ostatività e a far comprendere i tratti essenziali applicativi (anche calati all’interno del procedimento di sorveglianza e in relazione alle istanze di accesso ai benefici penitenziari), si focalizza, in primis, su ciò che significa il meccanismo della “collaborazione utile con la giustizia”, in fase esecutiva e ne dà conto sul piano normativo, descrivendo quelli che sono i presupposti e i principi che informano la disciplina particolare delle “misure di protezione” di cui alla legge n. 82 del 1991, e successive modifiche.

Disciplina di rilievo, anche per le recenti pronunce della Corte costituzionale, la n. 253 del 2019, in materia di permesso premio per l’autore di reati di cui al co. 1 dell’art. 4-bis ord. penit., c.d. “non collaborante”, e per la n. 32 del 2020, pietra miliare del diritto penitenziario, con cui, per la prima volta, la Consulta ha affrontato apertamente il problema del tempo della pena, anche nel suo divenire, qualificando come “sostanziali” tutte le norme che incidono qualitativamente sull’essenza della pena e sulla libertà personale, comprese, quindi, tutte le norme in materia penitenziaria, come quella sulla sospensione dell’esecuzione penale e quelle sulle misure alternative (quelle norme, cioè, che una parte della dottrina identifica come norme processuali “ad effetti sostanziali”). Cristallizzare tale principio non è solo questione dogmatica, ma impone delle pesanti ricadute pratiche, tenuto conto che anche le norme di diritto penitenziario oggi devono intendersi coperte dal principio di stretta legalità di cui all’art. 25, co. 2 Cost. (arricchito, volendo anche da concetti e principi tipici della legalità più convenzionale di cui all’art. 7 della Convenzione europea). Irretroattività, retroattività della lex mitior, proporzionalità, tassatività, ecc. sono canoni che si devono estendere anche alle norme di diritto penitenziario. Partendo da tali premesse, risulta evidente che la disciplina c.d. “ostativa” non può ritenersi solo un’eccezione, da esaminarsi solo in determinati casi, ma diventa il vero banco di prova su cui misurare la tenuta del sistema penitenziario e la costituzionalità di tutte le norme ad essa correlate (Parte Terza “L’esecuzione penitenziaria” – Sezione I “I benefici per la risocializzazione dei condannati e degli internati”; Capitolo 21, pag. 375-410).

6. Dall’eccezione interna alla disciplina penitenziaria, all’esecuzione di sanzioni diverse dalla pena detentiva: questi sono due importanti capitoli, su temi molto frequenti nella prassi, su cui, peraltro, dedicare particolare attenzione. Gli autori affrontano il tema dell’esecuzione delle pene detentive sostitutive e dell’esecuzione delle pene pecuniarie (Parte Quarta “Le pene sostitutive”; Capitolo 22, pag. 411-428; Parte Quinta “Le pene pecuniarie”; Capitolo 23, pag. 429-452).

7. Sempre nella dimensione interdisciplinare, partendo dal concetto di sanzione, dalle origini del rapporto esecutivo, gli autori aggiungono dei capitoli preziosi sia in relazione alla disciplina delle misure di sicurezza, per concetti, principi e presupposti, sanzione del c.d. “doppio binario” da tenere distinta dalla pena, ma sulla cui esecuzione pesano importanti riflessioni applicative, specie per l’accertamento della pericolosità sociale, sia in relazione al tema dello straniero, con un’articolazione molto dettagliata sulle varie misure di espulsione (anche quelle non di competenza della magistratura di sorveglianza), arricchita anche da un approfondimento sulla giurisprudenza più attuale, anche di tipo sovranazionale (Parte Sesta “Le misure di sicurezza”; Capitolo 24, pag. 453-516; Parte Settima “L’esecuzione penale nei confronti dello straniero”; Capitolo 25, pag. 517-544). Apprezzabile altresì l’inserimento, a chiusura del volume, della Parte Nona, dedicata all’esecuzione penale nei confronti dei minorenni, con tre capitoli, che rispecchiano a grandi linee, gli aspetti centrali del rapporto esecutivo, così come metodologicamente affrontato, per la disciplina generale (Parte Nona “L’esecuzione nei confronti dei minorenni”; Capitoli 28, 29, 30, pag. 591-614).

8. Si aggiungono poi, nella Parte Ottava, due capitoli, più snelli, perché, in gran parte gli autori hanno già affrontato le questioni all’interno di ogni singolo capitolo più tematico, dedicato ai procedimenti: il Capitolo 26, intitolato “Procedimento di esecuzione e procedimento di sorveglianza”, su cui si delineano gli aspetti salienti del procedimento standard in esecuzione, a contraddittorio pieno, con delle puntuali riflessioni sia in relazione alla fase prodromica dell’udienza, sia alla fase centrale di svolgimento dell’udienza, con questioni tecniche inerenti la partecipazione delle parti, l’assistenza del condannato, il regime delle prove, i poteri d’ufficio del collegio, ecc.; e il Capitolo 27, dal titolo “I procedimenti di sorveglianza speciali e atipici”, con un’analisi di tutti i procedimenti, monocratici, o con istruttoria “accelerata” di competenza della magistratura di sorveglianza, con particolare attenzione alla disciplina applicativa dei reclami (specie quella di cui agli artt. 35-bis e ter della legge sull’ordinamento penitenziario).

9. Di rilievo, sono, infine, i Capitoli che gli autori dedicano agli effetti penali della condanna, e, agli strumenti normativi che consentono all’interessato di eliminare, sulla base di determinati presupposti, l’esecuzione della pena, appena espiata o non espiata: si tratta del Capitolo 10, dedicato all’istituto della riabilitazione (pag. 135-144), e del Capitolo 19, per l’istituto della rimessione del debito (pag. 355-360); altre importanti riflessioni, utilissime sul piano pratico, non solo per gli operatori del diritto, ma anche per le altre figure ruotanti attorno al mondo dell’esecuzione penale esterna, sono contenute nel Capitolo 23, in materia di esecuzione della pena pecuniaria, dove gli autori affrontano il tema spinoso dell’esecuzione della pena pecuniaria in caso di insolvibilità del condannato, con l’innesto del procedimento che porta alla rateizzazione della pena pecuniaria, oppure, alla conversione in libertà controllata (pag. 429-452).

10. In definitiva, gli autori consegnano ai lettori (studenti universitari, ma anche operatori del diritto) un manuale aggiornato e completo, non tanto sul “diritto penitenziario”, ma sulla sanzione penale e su ciò che significa realmente, nel procedimento penale-esecutivo, punibilità e diritto penale, inteso come insieme di regola che hanno a che fare con la pena, descrivendone la portata, la dimensione applicativa e il suo divenire nello spazio e nel tempo, all’interno di dinamiche e scansioni temporali tipiche del processo penale. L’approccio metodologico prescelto dagli autori è quello indicato dalla stessa Corte costituzionale, da ultimo, con la sentenza n. 32 del 2020, dove, dopo anni di dibattiti e contrasti dottrinali, finalmente anche l’esecuzione penale, sia nel suo momento statico che in quello dinamico, ha assunto il rango sia di disciplina processuale sia di disciplina sostanziale, con la copertura costituzionale del principio di legalità della pena di cui agli artt. 25, co. 2 e 27, co. 3 Cost.

11. Solo uno studio interdisciplinare, attento all’evolversi del diritto e dei tempi, può garantire la formazione di generazioni future sia di giuristi sia di operatori del diritto consapevoli delle radici costituzionali e normative in cui muoversi, attenti studiosi, appassionati di quei principi e valori, che informano la giusitizia, il processo e la pena, di legalità e di dignità.