La Cassazione sulla responsabilità del datore di lavoro e dell’ente per l’infortunio occorso al lavoratore distaccato.
[a cura di Lorenzo Roccatagliata]
Cass. pen., Sez. IV, Sent. 5 febbraio 2021 (ud. 17 novembre 2020), n. 4480
Presidente Izzo, Relatore Cappello
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione, Sezione quarta, ha cristallizzato alcuni importanti principi in materia di infortuni sul lavoro, sia con riguardo alla responsabilità penale del datore di lavoro, sia con riguardo alla responsabilità amministrativa dell’ente.
In tema di responsabilità penale del datore di lavoro, il Collegio ha anzitutto ricordato che “la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire, sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso”.
In merito alla portata degli obblighi del datore, la Corte ha precisato che “in linea generale (…) deve ribadirsi che il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l’obbligo non solo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all’art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro (…) e ha anche l’obbligo di mantenere in buono stato di conservazione i mezzi di protezione messi a disposizione dei lavoratori e di sorvegliare che l’idoneità di detti mezzi persista nel tempo”.
Il Collegio si è altresì soffermato sulla ripartizione delle responsabilità in caso di distaccamento del lavoratore presso altro luogo di lavoro: “in caso di distacco di un lavoratore da un’impresa a un’altra, i relativi obblighi gravano sia sul datore di lavoro che ha disposto il distacco, sia sul beneficiario della prestazione, tenuto a garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro nel cui ambito la stessa viene eseguita”.
In particolare, “il distaccante, prima che abbia corso il distacco, ha la titolarità degli obblighi tipici della posizione datoriale; in quell’area in cui i poteri direttivi si attenuano per la sempre maggiore incombenza degli analoghi poteri del distaccatario quegli obblighi assumono i contenuti resi possibili dalla particolarità di tale vicenda. Nel momento in cui trova esecuzione la prestazione del lavoratore distaccato, il datore di lavoro distaccatario assume tutti gli obblighi prevenzionistici, eccezion fatta per quello di informazione e di formazione sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali vi è il distacco”.
Infine, la Corte ha ricordato che “eventuali accordi contrari in deroga alla previsione normativa (come nel caso di specie ha ricordato anche il giudice di merito) sarebbero privi di efficacia, appartenendo le norme antinfortunistiche al diritto pubblico ed essendo le stesse inderogabili in forza di atti privati”.
Con riguardo alla responsabilità amministrativa dell’ente, la Corte si è pronunciata sui requisiti dell’interesse o vantaggio dell’ente, rammentando che: “i criteri di imputazione oggettiva di che trattasi vanno riferiti alla condotta del soggetto agente e non all’evento, coerentemente alla diversa conformazione dell’illecito, essendo possibile che l’agente violi consapevolmente la cautela, o addirittura preveda l’evento che ne può derivare, pur senza volerlo, per rispondere a istanze funzionali a strategie dell’ente”.
Inoltre, il criterio oggettivo dell’interesse o del vantaggio dell’ente “può essere ravvisato nel risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dei procedimenti e dei presidi di sicurezza; nell’incremento economico conseguente all’incremento della produttività non ostacolata dal rispetto della normativa prevenzionale (…); nel risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e informazione del personale (…); o, ancora, nella velocizzazione degli interventi di manutenzione e di risparmio sul materiale”. Sul punto, si richiama la precedente conforme Cass., Sez. IV, n. 2848/21.
Infine, la Corte ha rilevato che “la sistematicità della violazione non rileva quale elemento della fattispecie tipica dell’illecito dell’ente: l’art. 25-septies cit. non richiede la natura sistematica delle violazioni alla normativa antinfortunistica per la configurabilità della responsabilità dell’ente derivante dai reati colposi ivi contemplati”. Sarebbe infatti “eccentrico rispetto allo spirito della legge ritenere irrilevanti tutte quelle condotte, pur sorrette dalla intenzionalità, ma, in quanto episodiche e occasionali, non espressive di una politica aziendale di sistematica violazione delle regole cautelari”. Sul punto, si richiama la precedente conforme Cass., Sez. IV, n. 29584/20.