ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALE

La Cassazione sull’obbligo di motivazione per la misura del sequestro probatorio.

[a cura di Lorenzo Roccatagliata]

Cass. pen., Sez. II, Sent. 8 febbraio 2021 (ud. 28 ottobre 2020), n. 4875
Presidente Cervadoro, Relatore Imperiali

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione, Sezione seconda, si è pronunciata in tema di motivazione del decreto di sequestro probatorio (art. 253 c.p.p.), con specifico riguardo ad una contestazione di riciclaggio (art. 648 bis c.p.).

In primo luogo, la Corte ha ripercorso i requisiti per l’adozione della misura, che devono essere oggetto di motivazione da parte dell’Autorità giudiziaria.

Anzitutto, ha ricordato il Collegio, “il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (…). Il decreto di sequestro probatorio di cose costituenti corpo di reato, pertanto, deve essere necessariamente sorretto da idonea motivazione, integrabile esclusivamente dal pubblico ministero innanzi al tribunale del riesame, (…) in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti, avuto riguardo ai limiti imposti all’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei diritti dell’individuo costituzionalmente garantiti, quale è il diritto di proprietà garantito dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. In tema si richiama la recente giurisprudenza della Corte: Cass., Sez. Un., n. 36072/18, con nota di Cecile Nosal, Cass., Sez. II, n. 47183/19, con nota di Luigi Spetrillo.

L’obbligo di motivazione riguarda altresì il requisito del fumus commissi delicti. Ha infatti ricordato la Corte che “Il decreto di sequestro probatorio di cose costituenti il corpo di reato, infatti, deve essere sorretto da idonea motivazione circa la sussistenza di elementi costitutivi del reato contestato e, quindi, in relazione al delitto di riciclaggio, quanto alla possibilità di ipotizzare l’esistenza di un reato presupposto”.

Infine, ha chiarito il Collegio, “ai fini della legittimità del sequestro probatorio, benché non sia necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato della cosa oggetto del vincolo, occorre la possibilità effettiva, cioè non fondata su elementi astratti ed avulsi dalle caratteristiche del caso concreto, di configurare un rapporto fra questa ed il reato stesso”.

In secondo luogo, la Corte si è soffermata sulla configurabilità del reato di riciclaggio, ricordando due principi consolidati in seno alla propria giurisprudenza

Per un verso “il mero possesso di un’ingente somma di denaro non può giustificare, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo circa l’esistenza o meno di un delitto presupposto (o anche solo l’esistenza di relazioni con ambienti criminali, ovvero la precedente commissione di fatti di reato, o l’avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita), l’elevazione di un’imputazione di riciclaggio”.

Per altro verso “ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio non si richiede l’esatta individuazione e l’accertamento giudiziale del delitto presupposto, essendo sufficiente che lo stesso risulti, alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo logica, almeno astrattamente configurabile”.

Redazione Giurisprudenza Penale

Per qualsiasi informazione: redazione@giurisprudenzapenale.com