Indebito utilizzo di carte di credito e di pagamento (art. 493-ter c.p.): l’esimente del consenso dell’avente diritto non opera anche qualora l’uso dello strumento di pagamento da parte di terzi sia stato delegato dal titolare
[a cura di Guido Stampanoni Bassi]
Cassazione Penale, Sez. II, 12 maggio 2021 (ud. 16 febbraio 2021), n. 18609
Presidente Cervadoro, Relatore Di Paola
In tema di indebito utilizzo di carte di credito e di pagamento, segnaliamo la pronuncia con cui la seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che, anche qualora l’uso dello strumento di pagamento da parte di terzi sia stato delegato dal titolare, non opera l’esimente del consenso dell’avente diritto.
La disposizione di cui all’art. 493-ter c.p. – si legge, infatti, nella pronuncia – tutela non solo il patrimonio personale di quest’ultimo, ma anche gli interessi pubblici alla sicurezza delle transazioni commerciali e alla fiducia nell’utilizzazione di tali strumenti da parte dei consociati; «interessi legati segnatamente all’esigenza di prevenire, di fronte ad una sempre più ampia diffusione delle carte di credito e dei documenti similari, il pregiudizio che l’indebita disponibilità dei medesimi è in grado di arrecare alla sicurezza e speditezza del traffico giuridico e, di riflesso, alla “fiducia” che in essi ripone il sistema economico e finanziario» (Corte cost., n. 302 del 19/7/2000).
Nella pronuncia appena citata si è anche chiarito che «la norma incriminatrice mira, in positivo, a presidiare il regolare e sicuro svolgimento dell’attività finanziaria attraverso mezzi sostitutivi del contante, ormai largamente penetrati nel tessuto economico», con la conseguenza che «è giocoforza ritenere che le condotte da essa represse assumano – come del resto riconosciuto anche dalla giurisprudenza di legittimità in sede di analisi dei rapporti tra la fattispecie criminosa in questione ed i reati di truffa e di ricettazione – una dimensione lesiva che comunque trascende il mero patrimonio individuale, per estendersi, in modo più o meno diretto, a valori riconducibili agli ambiti categoriali dell’ordine pubblico o economico, che dir si voglia, e della fede pubblica».
Del resto – conclude la Corte di legittimità – «che il bene giuridico tutelato non sia solo il patrimonio del titolare della carta di credito è confermato sia dalle finalità perseguita delle leggi speciali con cui era stata introdotta l’originaria norma incriminatrice (ossia il contrasto dei fenomeni di riciclaggio, anche attraverso il controllo dell’utilizzo dei nuovi strumenti elettronici di circolazione del denaro), sia dalla successiva collocazione della previsione incriminatrice nella struttura del codice penale nell’ambito dei delitti di falso (art. 493 ter cod. pen), secondo le indicazioni contenute nella legge di delega e recepite nel decreto legislativo (che ha previsto l’inserimento della fattispecie in esame nel corpo del codice penale considerando l’ambito della tutela del sistema finanziario: d. lgs. 1 marzo 2018, n. 21, disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103, art. 4)».