ARTICOLIDA STRASBURGO

La Corte EDU sul diritto alla riservatezza personale dell’individuo nell’ambito del giudizio penale.

[a cura di Lorenzo Roccatagliata]

Corte EDU, Sezione prima, Sentenza 27 maggio 2021
J.L. c. Italia, Ricorso n. 5671/16

Con la sentenza in epigrafe, la Corte EDU ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare), per aver mancato di tutelare l’immagine, la riservatezza personale e la dignità di una donna che aveva denunciato di essere stata vittima di violenza sessuale. Secondo i Giudici di Strasburgo, nella sentenza con cui sono stati definitivamente assolti tutti gli imputati fu utilizzato un “linguaggio colpevolizzante e moraleggiante che scoraggia la fiducia delle vittime nel sistema giudiziario” per la “vittimizzazione secondaria cui le espone”.

Nell’ambito del processo penale a carico dei presunti aggressori, la donna era stata sentita due volte nel corso delle indagini e altre due volte nel corso dell’istruttoria dibattimentale. Il giudizio si era infine concluso con sentenza di assoluzione, perché le dichiarazioni della donna non furono ritenute credibili.

Oggetto di scrutinio della Corte EDU è stato, fra l’altro, se le motivazioni della sentenza assolutoria e gli argomenti ivi utilizzati si fossero o meno tradotti in una ingerenza nel diritto della ricorrente al rispetto della sua vita privata e della sua integrità personale e se ciò avesse comportato una violazione degli obblighi positivi inerenti all’articolo 8 della Convenzione (para. 135).

La Corte ha ravvisato che diversi passaggi della sentenza si riferivano ad aspetti della vita personale e intima della ricorrente, come lo stato di famiglia, le relazioni sentimentali, l’orientamento sessuale, le scelte di abbigliamento, l’oggetto delle sue attività artistiche e culturali (para. 136 e 138). Benché non vi siano dubbi sul fatto che la valutazione della credibilità della ricorrente fosse un aspetto cruciale nella vicenda de quo, ad avviso dei Giudici di Strasburgo i suddetti elementi non sono stati utili a tal fine, né sono stati decisivi per la risoluzione del caso. Pertanto, la Corte ha ritenuto che la loro trattazione in sentenza costituisse una violazione della vita privata e dell’immagine del ricorrente, non giustificata dalla necessità di garantire i diritti di difesa degli imputati (para. 138).

La Corte ha affermato che gli obblighi di proteggere le presunte vittime di violenza di genere impongano anche il dovere di proteggere la loro immagine, dignità e riservatezza personale, anche attraverso la non divulgazione di informazioni e dati personali non strettamente rilevanti. La facoltà dei giudici di esprimersi liberamente nelle decisioni, che è una manifestazione della discrezionalità giudiziaria e del principio di indipendenza giudiziaria, è limitata dall’obbligo di proteggere l’immagine e la vita privata delle parti da interferenze ingiustificate (para. 139).

Ad avviso della Corte, nel caso di specie i diritti e gli interessi della ricorrente ai sensi dell’articolo 8 non sono stati adeguatamente protetti alla luce del contenuto della sentenza. A ciò consegue che le autorità nazionali non hanno protetto la ricorrente dalla vittimizzazione secondaria durante il procedimento, di cui la redazione della sentenza costituisce una parte di massima importanza, soprattutto in considerazione del suo carattere pubblico (para. 142 e 143).

Redazione Giurisprudenza Penale

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