ARTICOLIDIRITTO PENALEIN PRIMO PIANO

Eni Nigeria: depositate le motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Tribunale di Milano, Sez. VII penale, 9 giugno 2021 (ud. 17 marzo 2021), n. 3055
Presidente Estensore dott. Marco Tremolada, Giudici Estensori dott. Mauro Gallina e dott. Alberto Carboni

Segnaliamo, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda, la sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Milano nell’ambito della cd. vicenda Eni Nigeria.

In punto di diritto, il Tribunale di Milano si è soffermato sul criterio di valutazione delle prove indiziarie prendendo posizione sulla richiesta avanzata dalla Procura secondo cui, trattandosi di «corruzione ai massimi livelli», ed essendo «difficile reperire le prove in Paesi stranieri», si sarebbero dovuto «abbassare le pretese nella valutazione della prova indiziaria in termini di precisione, non equivocità e convergente gravità, resistente alle obiezioni logiche oltre ogni ragionevole dubbio, proponendo una sorta di diritto penale speciale che vede alleggerito l’onere probatorio in ragione della difficoltà di svolgere indagini per la peculiarità del reato da giudicare».

Il Tribunale di Milano ha ritenuto tale assunto non condivisibile, «non solo e non tanto perché sfornito di appigli normativi o anche solo giurisprudenziali, ma in quanto foriero di possibili errori e quindi decisioni sbagliate e certamente ingiuste sotto il profilo del principio di uguaglianza».

Il reato di corruzione internazionale – si legge nella sentenza – «richiamando le norme in tema di corruzione nazionale, non consente di derogare ai canoni probatori fissati dalle regole processuali che presidiano le procedure relative ai casi di corruzione nazionali e in particolare alla regola decisoria ricavabile dalla previsione contenuta nel primo comma dell’art. 533 c.p.p.»; né, del resto, «la giurisprudenza della Suprema Corte ha mai consentito alcuna deroga al rigoroso principio che, nell’ambito del diritto penale, colloca l’onere della prova a carico dell’accusa».

Ancora, sempre in punto di diritto – con specifico riferimento al tema della responsabilità concorsuale – il Tribunale di Milano ha ricordato come il reato di corruzione «sia una fattispecie a concorso necessario con una struttura bilaterale che prevede il concorso del terzo estraneo alla condotta materiale del corruttore solo nelle forme dell’intermediazione necessaria ad agevolare non le condotte esecutive dell’accordo, bensì l’accordo stesso».

Il reato – prosegue la sentenza – «necessita della partecipazione di tutti i concorrenti, anche se soltanto intermediari, ad un accordo corruttivo; partecipazione che può essere frazionata nell’ambito di condotte complementari soltanto se i soggetti delegati ad operare hanno pieno mandato, per conto di altri, a trattare l’illecita remunerazione dei pubblici ufficiali». Nella corruzione, sia domestica che internazionale, «non è sufficiente la prova della partecipazione agli aspetti esecutivi dell’accordo (atto contrario e pagamento della tangente), ma è necessario aver personalmente contribuito all’accordo nella piena consapevolezza dell’obiettivo di corrompere i pubblici ufficiali coinvolti».

Redazione Giurisprudenza Penale

Per qualsiasi informazione: redazione@giurisprudenzapenale.com