Acquisizione dei tabulati telefonici: anche la Corte di Assise di Napoli esclude una applicazione diretta della sentenza CGUE del 2 marzo 2021 (C 746/18)
[a cura di Guido Stampanoni Bassi]
Corte di Assise di Napoli, prima sezione penale
Ordinanza, 16 giugno 2021
In tema di acquisizione dei tabulati telefonici e individuazione dell’organo competente ad autorizzare tali operazioni, segnaliamo ai lettori il provvedimento con cui la Corte di Assise di Napoli si è pronunciata sugli effetti della sentenza del 2 marzo 2021 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C 746/18.
La Cassazione – si legge nell’ordinanza – è ormai consolidata nell’affermare che, in tema di acquisizione dei tabulati, «la disciplina italiana di conservazione dei dati di cui all’art. 132 d. lgs. 196/2003 deve ritenersi compatibile con le direttive in tema di privacy, e ciò poiché la deroga stabilita dalla norma alla riservatezza delle comunicazioni è prevista dall’art. 132 cit. per un periodo di tempo limitato, ha come esclusivo obiettivo l’accertamento e la repressione dei reati ed è subordinata alla emissione di un provvedimento di una autorità giurisdizionale indipendente (come è in Italia il PM)».
Nell’ordinamento italiano – prosegue la Corte – «il PM, per il suo status ordinamentale, è organo facente parte dell’Auorità Giudiziaria e, come tale, destinatario dei doveri di imparzialità e di rispetto della legge ed anche delle guarentigie costituzionali poste a tutela della piena autonomia della funzione». In tale ottica, «il PM è chiamato ad acquisire non solo le prove di accusa, ma anche quelle a favore dell’indagato, essendo in suo potere richiedere l’archiviazione; la sua posizione non può, pertanto, essere assimilata a quella del corrispondente organo estone, che è autorità soggetta alla sfera di competenza del Ministro della Giustizia che partecipa alla pianificazione delle misure necessarie per la lotta e l’accertamento dei reati».
Gli odierni imputati «sono chiamati a rispondere di sequestro di persona a scopo di estorsione aggravato dall’art. 416bis.1, ossia di un’ipotesi delittuosa di eccezionale gravità, tale da giustificare, anche alla luce del principio espresso nella sentenza sovranazionale, il ricorso al decreto da parte dell’organo inquirente per ragione ovviamente connesse alle finalità repressive, preventive e di accertamento».
Per altro verso – conclude l’ordinanza – «benché alle sentenze CGUE vada attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, […] deve ritenersi che nel caso di specie la sentenza stessa, nel definire in via indeterminata e generica le categorie per le quali possa addivenirsi ad un’acquisizione diretta, ponga implicitamente una riserva di legge a favore del legislatore nazionale riconoscendo l’esistenza di concreti problemi applicativi e profili di discrezionalità che richiedono necessariamente l’intervento del legislatore interno».
Deve, dunque, concludersi che «l’interpretazione della direttiva espressa nella citata sentenza CGUE non possa avere effetti applicativi immediati e diretti per la indeterminatezza del riferimento ai casi nei quali i dati del traffico telematico e telefonico e di ogni altra limitata ingerenza della privacy possono essere acquisiti, con la conseguente necessità che il regime di acquisizione sia demandato alla legge nazionale e, certamente, non alla mera elaborazione giurisprudenziale».
Sul tema, rinviamo all’articolo di F. Rinaldini, Data retention e procedimento penale. Gli effetti della sentenza della Corte di giustizia nel caso H.K. sul regime di acquisizione dei tabulati telefonici e telematici: urge l’intervento del legislatore, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 5, all’ordinanza con cui il Tribunale di Rieti ha proposto questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea nonché all’ordinanza con cui il Tribunale di Tivoli ha escluso una applicazione diretta della sentenza della CGUE.