La pena è incompatibile con la libertà di stampa. Nota ad una recente sentenza del Tribunale di Lecce.
[a cura di Gaetano Stea]
Tribunale di Lecce, prima sezione penale, 27 maggio 2021
Giudice dott. Fabrizio Malagnino
Il Tribunale di Lecce, nella decisione che si pubblica, offre un chiaro e puntuale panorama sul rapporto tra libertà di stampa e pena, la cui intrinseca dissuasività sacrifica – secondo il giudice salentino – questa libertà fondamentale, che si spinge ben oltre i limiti tracciati dall’art.21 Cost., andando ad intrecciare la tutela di libertà e diritti soggettivi e diffusi, e la garanzia della trasparenza della gestione della res pubblica in una società democratica.
Il Tribunale, oltre a descrivere lo status quo su diritto di cronaca e diritto di critica, affronta interessanti profili, anche con comparazione eurounitaria, circa (1) la distinzione tra diffamazione e ingiuria (e quindi tra reato e condotta depenalizzata) nel mondo dei social network, qualora l’agente intervenga sul profilo del destinatario; (2) la configurabilità della diffamazione ai danni di società; (3) la responsabilità dell’intervistatore per quanto dichiarato dall’intervistato.
Una decisione che, in sostanza, anticipa la decisione della Corte costituzionale, annunciata con il comunicato stampa del 22 giugno, di incostituzionalità dell’art. 13 della legge sulla stampa, perché non prevedeva alcuna alternativa tra pena detentiva e pena pecuniaria (a differenza di quanto stabilito dall’art. 595, co. 3, c.p.).
Come detto, il Tribunale di Lecce va oltre, ipotizzando un’incompatibilità assoluta tra pena e diffamazione a mezzo stampa, a tutela di questa libertà di manifestazione del pensiero che si proietta verso la tutela di altri fondamentali diritti ed interessi necessari in una società democratica.