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La sentenza n. 150/2021 della Corte Costituzionale in tema di diffamazione: i “pericoli per la democrazia” e il rischio che l’informazione, da “cane da guardia”, si trasformi in “cucciolo da salotto”

in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 7-8 – ISSN 2499-846X

Corte Costituzionale, 12 luglio 2021, sentenza n. 150
Presidente Coraggio, Relatore Viganò

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 150/2021, depositata il 12 luglio 2021, ha abrogato l’art. 13 della legge sulla stampa, n. 47/1948, che prevedeva un’aggravante ad effetto speciale, così eliminando il rischio che il giudice, processando un giornalista della carta stampata per diffamazione, aggravata dall’attribuzione di un fatto determinato, sia obbligato ad infliggergli la pena della reclusione da uno a sei anni e della multa, come previsto da quella norma.

Tale decisione ha imposto anche l’abrogazione dell’art. 30, comma 4 della L. 223/1990, meglio nota come legge Mammì, che prevedeva e puniva la diffamazione a mezzo trasmissioni radiotelevisive, richiamando proprio l’art. 13 e prevedendo, ove il reato fosse aggravato dall’attribuzione di un fatto determinato, l’applicazione di quella stessa sanzione, non al giornalista o al direttore di testata, ma al concessionario pubblico o privato o alla persona da loro delegata al controllo.

Con la stessa sentenza la Corte ha, invece, rigettato analoga questione di costituzionalità, sollevata a proposito dell’art. 595, comma 3 c.p., ritenendo che la reclusione possa continuare ad essere irrogata, ma solo in casi eccezionali.

Come citare il contributo in una bibliografia:
C. Malavenda, La sentenza n. 150/2021 della Corte Costituzionale in tema di diffamazione: i “pericoli per la democrazia” e il rischio che l’informazione, da “cane da guardia”, si trasformi in “cucciolo da salotto”, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 7-8