Profili penalistici dello smart working
in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 9– ISSN 2499-846X
di Andrea De Carlo e Pietromatteo La Sala
L’istituto del c.d. lavoro agile, altrimenti detto smart-working, trova la propria disciplina nel capo II della Legge n. 81/2017 rubricata: “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
L’art. 18 della L. 81/17 definisce il lavoro agile come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato”, che si contraddistingue per l’esercizio di una prestazione che si svolge “in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa” e che implica un “possibile utilizzo degli strumenti tecnologici”. Non si tratta di un nuovo tipo di prestazione lavorativa che si affianca alla subordinazione e all’autonomia, ma di una differente “declinazione modale” del lavoro subordinato classico. E’ bene specificare che, tanto giuridicamente quanto sostanzialmente, lo smart-working non può essere assimilato al telelavoro da considerarsi, al più, un mero antecedente tipologico.
Le differenze tra i due istituti sono evidenti.
Il luogo di svolgimento della prestazione del lavoro agile è, per definizione, variabile (pur con le limitazioni che si diranno in seguito); non così per i telelavoratori che invece dispongono di una postazione fissa esterna ai locali aziendali. Un ulteriore elemento di differenziazione risiede nella percentuale di lavoro esterno svolto dal lavoratore. Nel telelavoro la prestazione è eseguita interamente all’esterno dei locali aziendali; nel lavoro agile, al contrario, vi è alternanza tra prestazione esterna e prestazione in sede.
Anche l’organizzazione stessa del lavoro rappresenta un importante elemento di discrimine. Se il telelavoro si riferisce al lavoratore puramente “operativo”, che è chiamato a garantire la propria presenza in orari specifici, nel lavoro smart si deve ragionare in termini di obiettivi e risultati da raggiungere (MBO – Management by Objective). Il lavoro agile pone in capo al lavoratore un livello di autonomia del tutto inedito, in cui lo stesso è chiamato ad autodeterminarsi nella gestione del tempo e dello spazio, garantendo il raggiungimento del risultato richiesto. Si può dire che le maglie della subordinazione si affievoliscono, lasciando spazio alla autodeterminazione, formale e sostanziale, del lavoratore. Ne consegue un alleggerimento della etero-determinazione intesa, da un lato, quale sottoposizione del lavoratore a direttive stringenti del datore di lavoro sui contenuti dell’attività lavorativa e, dall’altro, quale assenza di un inserimento “materiale” del dipendente nella organizzazione aziendale.
Tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa comporta problematiche inesplorate in tema di salute e sicurezza sul luogo di lavoro cui la legislazione attuale non fornisce risposte adeguate.
Come citare il contributo in una bibliografia:
A. De Carlo – P. La Sala, Profili penalistici dello smart working, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 9