Furto in abitazione: sulla qualificabilità dello Studio Legale come luogo di privata dimora
[a cura di Guido Stampanoni Bassi]
Cassazione Penale, Sez. IV, 27 ottobre 2021 (ud. 15 settembre 2021), n. 38412
Presidente Serrao, Relatore Ranaldi
In tema di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.), segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla qualificabilità dello Studio Legale come luogo di privata dimora.
La più recente e condivisibile giurisprudenza di legittimità – si legge nella sentenza – «ha ritenuto corretta la qualificazione ex art. 624-bis cod. pen. del furto commesso di notte all’interno di uno studio legale, ricorrendo i presupposti dello “ius excludendi alios“, dell’accesso non indiscriminato al pubblico e della presenza costante di persone, anche eventualmente in orario notturno, essendo il titolare libero di accedervi in qualunque momento della giornata; ciò in quanto, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624-bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata – compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale – e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare».
Tale orientamento – si precisa – «è in linea con l’interpretazione letterale e sistematica della norma incriminatrice in riferimento esplicitata dalle Sezioni Unite D’Amico, nella sentenza n. 31345 del 23/03/2017. In tale importante decisione, il Supremo Consesso ha delineato la nozione di privata dimora sulla base dei seguenti, indefettibili elementi: a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità; c) non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare. Ha, quindi, affermato il principio secondo cui, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624 bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale».
Sulla base di tali coordinate interpretative, «appare corretta la considerazione della Corte territoriale che ha ricondotto il furto in disamina nella fattispecie di cui all’art. 624-bis cod. pen. In effetti, la detenzione da parte del titolare, nel proprio studio professionale, di ori ed oggetti personali di valore accentua la destinazione a privata dimora del luogo in cui tali beni sono stati depredati, trattandosi, evidentemente, di area riservata, non accessibile a terzi senza il consenso del proprietario, in cui si svolgevano, non occasionalmente, atti della vita privata, in relazione alla tenuta e custodia in tale luogo di beni preziosi strettamente e intimamente legati alla persona del titolare».
Si tratta, in conclusione, «di un luogo avente le stesse caratteristiche dell’abitazione, in termini di riservatezza e, conseguentemente, di non accessibilità, da parte di terzi, senza il consenso dell’avente diritto», in linea con la giurisprudenza che ha riconosciuto il carattere di privata dimora (anche) ai luoghi di lavoro se in essi, o in parte di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi.