Confisca ambientale: storia di una misura costituzionalmente (il)legittima e del suo possibile epilogo legislativo.
in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 11 – ISSN 2499-846X
di Francesca Procopio e Giulia Bellini
Chi inquina paga, ma non tutti gli inquinatori sono uguali.
Il diverso regime normativo che regola la confisca prevista in via “generale” per gli eco-delitti dall’art. 452 undecies c.p., e quella prevista ad hoc per il delitto di Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 452 quaterdecies c.p., è stato più volte tacciato di incostituzionalità, ma le questioni sollevate non hanno mai colto nel segno.
L’irragionevolezza della normativa risiede nella ritenuta inapplicabilità al delitto di Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti della speciale causa di esclusione della confisca che l’art. 452 undecies, comma 4 c.p. riconnette alle attività ripristinatorie dell’ambiente realizzate dal reo post delictum.
Sono realmente fondate le ragioni sulla base delle quali la giurisprudenza legittima questa disparità di trattamento?
Tale interpretazione sembrerebbe superata dalla recente proposta di legge varata dal legislatore che, al dichiarato fine di operare un coordinamento in materia, prevede la reductio ad unum delle due discipline, con abrogazione di quella più sfavorevole oggi prevista per il delitto di cui all’art. 452 quaterdecies c.p.
Con il presente contributo, le autrici svolgono alcune considerazioni critiche sul tema, muovendo dalla recente sentenza n. 30691/2021 (pubblicata in questa Rivista, ivi), con cui la Suprema Corte ha, ancora una volta, salvato l’attuale assetto normativo in materia di confisca ambientale.