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La Corte di Giustizia UE sul diritto di impugnazione di un Ordine Europeo di Indagine (OIE) innanzi alla giurisdizione dello Stato di emissione. Necessario l’intervento del Legislatore?

[a cura di Lorenzo Roccatagliata]

CGUE, Sezione I, Sentenza 11 novembre 2021
Causa C-852-19

Con la sentenza in allegato, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione prima, si è pronunciata in tema di impugnazioni dell’Ordine di Indagine Europeo (OIE) innanzi alla giurisdizione del paese di emissione dell’ordine.

Come è noto, l’OIE è uno strumento investigativo volto a semplificare le indagini penali all’interno dei paesi membri dell’Unione, previsto dalla Direttiva 2014/41/UE, recepita dall’ordinamento italiano dal d. lgs. n. 108/2017 (si veda, in tema, il contributo di Stefano Montaldo).

Nel caso di specie, la Corte era stata adita – mediante la procedura del rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE – dalla autorità giudiziaria bulgara, che ha formulato le seguenti questioni pregiudiziali:

  1. Se una normativa nazionale che non prevede alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di un ordine europeo d’indagine ai fini della perquisizione di un’abitazione e di locali commerciali, del sequestro di determinati oggetti e dell’audizione di un testimone sia compatibile con l’articolo 14, paragrafi da 1 a 4, con l’articolo 1, paragrafo 4, e con i considerando 18 e 22 della Direttiva 2014/41, nonché con gli articoli 47 e 7 della Carta in combinato disposto con gli articoli 13 e 8 della CEDU.
  2. Se in tali circostanze sia possibile emettere un ordine europeo d’indagine.

La Corte ha risolto tali questioni enunciando i seguenti principi:

  1. L’articolo 14 della direttiva 2014/41/UE (…), letto in combinato disposto con l’articolo 24, paragrafo 7, della medesima direttiva e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro di emissione di un ordine europeo di indagine la quale non preveda alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza.
  2. L’articolo 6 della direttiva 2014/41, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che esso osta all’emissione, da parte dell’autorità competente di uno Stato membro, di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto lo svolgimento di perquisizioni e di sequestri nonché l’organizzazione dell’audizione di testimoni mediante videoconferenza, qualora la normativa di tale Stato membro non preveda alcun mezzo d’impugnazione contro l’emissione di detto ordine europeo di indagine.

In sintesi, non è compatibile con il diritto dell’Unione una normativa nazionale che non preveda rimedi avverso la emissione di un OIE finalizzato [i.] allo svolgimento di perquisizioni e di sequestri [ii.] all’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza.

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A prima vista, la sentenza può destare l’interesse del nostro paese con specifico riguardo alla seconda ipotesi di OIE per il quale la Corte richiede la previsione di meccanismi di impugnazione, vale a dire l’ordine emesso per l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza.

Per la prima ipotesi, infatti, deve ritenersi applicabile (e sufficiente) l’art. 28, d. lgs. 108/2017, che – nell’ambito della procedura attiva (nella quale il nostro paese assume la qualità di Stato di emissione) – prevede la facoltà di proporre riesame, appello e ricorso per Cassazione contro l’ordine di indagine avente ad oggetto il sequestro a fini di prova in capo all’indagato/imputato, al suo difensore, alla persona alla quale la prova o il bene sono stati sequestrati e a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione.

Viceversa, il nostro ordinamento non sembra prevedere rimedi rispetto all’OIE emesso per l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza (l’art. 38, diversamente dall’art. 28, non prevede, infatti, rimedi per l’OEI in tale ipotesi). Dovrebbe trattarsi, secondo la Corte UE, di una facoltà concessa al testimone convocato per rendere dichiarazioni, ai sensi dell’art. 47 CDFUE (diritto ad un ricorso effettivo).

Conviene, allora, riportare i punti della sentenza che sanciscono tale diritto.

L’articolo 24, paragrafo 7, di tale direttiva (2014/41, ndr) precisa che ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché, qualora la persona ascoltata nel proprio territorio in conformità di detto articolo rifiuti di testimoniare pur avendone l’obbligo o dichiari il falso, si applichi il diritto nazionale che disciplina le audizioni effettuate in un procedimento nazionale [para 43].

Ne consegue che il rifiuto di testimoniare nel contesto dell’esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza può avere conseguenze significative per la persona interessata in base alle norme previste a tal fine nel diritto nazionale dello Stato membro di esecuzione. In particolare, tale persona potrebbe essere obbligata a comparire all’udienza e a rispondere ai quesiti posti in tale ambito, a pena di sanzioni [para 44].

Pertanto, si deve considerare che l’esecuzione di un ordine europeo di indagine avente ad oggetto l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza può arrecare pregiudizio alla persona interessata e che quest’ultima deve quindi disporre di un mezzo di impugnazione contro una tale decisione, conformemente all’articolo 47 della Carta [para 47].

Tuttavia, i giudici dello Stato membro di esecuzione non sono competenti, conformemente all’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2014/41, ad esaminare le ragioni di merito dell’emissione di un ordine europeo di indagine che dispone l’organizzazione di un’audizione di testimoni mediante videoconferenza [para 48].

Ne consegue che spetta allo Stato membro di emissione garantire che qualsiasi persona sottoposta all’obbligo di presentarsi a un’audizione al fine di essere sentita come testimone o di rispondere ai quesiti ad essa posti durante tale audizione, nell’ambito dell’esecuzione di un ordine europeo di indagine, disponga di un ricorso dinanzi ai giudici di tale Stato membro che le consenta di contestare, quanto meno, le ragioni di merito dell’emissione di detto ordine europeo di indagine [para 49].

Alla luce di tali argomentazioni, sembra necessario l’intervento del Legislatore italiano, che preveda un mezzo di impugnazione a favore del testimone avverso l’Ordine di Indagine Europeo emesso dall’Italia per la convocazione per rendere dichiarazioni mediante videoconferenza (magari estendendo a tale ipotesi le facoltà di cui all’art. 28).

Redazione Giurisprudenza Penale

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