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Sugli effetti penali e politici del referendum parzialmente abrogativo dell’art. 579 c.p. in tema di eutanasia legale

in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 2 – ISSN 2499-846X

Il quesito referendario in oggetto “vuole abrogare parzialmente la norma penale che impedisce l’introduzione dell’eutanasia legale in Italia”, ovvero il reato di cui all’art. 579 c.p. che attualmente punisce qualsiasi condotta di omicidio del consenziente.

Il proposito del comitato promotore è chiaro, tanto quanto il quesito referendario che, facendo salve le tutele per le categorie vulnerabili, abroga esclusivamente la fattispecie di omicidio del consenziente, introdotta nel 1930 proprio al fine dichiarato – come si legge dalla Relazione introduttiva al Codice penale – di rendere la vita un bene indisponibile. La diversa disposizione contenuta al comma 3 dello stesso art. 579 c.p., che invece punisce con le sanzioni previste per il reato di omicidio doloso (art. 575 c.p.) la condotta di chi cagioni la morte di uno dei soggetti ritenuti vulnerabili o il cui consenso non sia valido, rimane intatta. La genesi politica di questa iniziativa referendaria è nota: nel 2013 l’Associazione Luca Coscioni, principale componente del comitato promotore del referendum de quo, ha depositato una proposta di legge di iniziativa popolare in tema di eutanasia, senza che questa sia stata discussa in quasi 10 anni dal deposito, coerentemente al disinteresse che il Parlamento aveva dimostrato sin dal 1984, quando il parlamentare Loris Fortuna depositò la prima proposta di legge in tema di fine vita.

Prendendo atto dell’inerzia legislativa, dunque, lo strumento referendario, in conformità al suo scopo di correzione dell’attività parlamentare, interviene per riallineare l’ordinamento all’assetto costituzionale così come delineato anche tramite gli ultimi interventi della Corte costituzionale in relazione ai diritti fondamentali alla fine della vita. Dunque, nella “paralisi del Parlamento l’intervento diretto del popolo è la soluzione considerata dalla Costituzione”. Invero, nel sistema costituzionale il referendum abrogativo svolge le funzioni di garantire la costante rispondenza della legislazione agli interessi e alle necessità della collettività – fungendo da strumento di controllo sulle disfunzioni legislative del Parlamento e da contrappeso all’arbitrio della maggioranza – e di tutelare il pluralismo delle forze politiche e sociali.

Quest’ultima funzione è assolta dal referendum offrendosi come «strumento per rimettere in discussione le scelte legislative (o in questo caso l’assenza di scelte), contrastando la cristallizzazione dei rapporti di forza tra i partiti e il formarsi in essi di oligarchie egemonizzanti, e dando ai movimenti di opinione (privi di rappresentanza parlamentare) la possibilità di partecipare alla vita dello Stato e allo sviluppo delle istituzioni». In questo contesto si inserisce una battaglia dal basso, che raccoglie l’inerzia e i dinieghi del potere e li trasforma in azione e mobilitazione, che passa per le città e le piazze di tutta Italia, e si declina anche in formato digitale per abbattere le discriminazioni, rendere la democrazia accessibile e a portata di tutti. Ma non solo, il referendum de quo può rappresentare una concreta opportunità per recuperare la funzione costituzionale del diritto penale attraverso uno strumento di democrazia diretta che contribuisca a valorizzare il ruolo pratico ed effettivo di un diritto penale laico e liberale.

Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Re, Sugli effetti penali e politici del referendum parzialmente abrogativo dell’art. 579 c.p. in tema di eutanasia legale, in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 2