ARTICOLIDIRITTO PENALEResponsabilità degli enti

D. Lgs. 231/2001: invalidità della richiesta di rinvio a giudizio e interruzione della prescrizione nei confronti dell’ente

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Cassazione Penale, Sez. IV, 14 febbraio 2022 (ud. 18 novembre 2021), n. 5161
Presidente Di Salvo, Relatore Bellini

In tema di responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001, segnaliamo ai lettori la pronuncia con cui la Corte di Cassazione si è pronunciata sul rapporto tra eventuali invalidità della richiesta di rinvio a giudizio dell’imputato e l’interruzione della prescrizione nei confronti dell’ente.

In tema di interruzione della prescrizione del reato – si legge nel provvedimento – «va riconosciuta anche agli atti processualmente nulli la capacità di conseguire lo scopo e in particolare è stato riconosciuto agli atti interruttivi della prescrizione valore oggettivo, in quanto denotano la persistenza dello Stato a perseguire il reato e comunque a porre in luce l’interesse punitivo, sicché l’atto interruttivo della prescrizione, pure quando sia nullo, conserva la sua efficacia, siccome univocamente idoneo a manifestare la volontà punitiva dello Stato»..

Tali principi peraltro risultano applicabili anche nell’ipotesi di responsabilità da reato degli enti – continua la Corte – in quanto «l’interruzione della prescrizione è posta a presidio della tutela della pretesa punitiva dello Stato, sicché il regime non può che essere quello previsto per l’interruzione della prescrizione nei confronti dell’imputato e coincidere con l’emissione della richiesta di rinvio a giudizio, in modo del tutto indipendente dalla sua notificazione; è stato infatti ulteriormente affermato dal S.C. che il rinvio alle norme del codice civile, pure contenuto alla lettera r) dell’art. 11 della legge delega n. 300/2000, argomento utilizzato dall’indirizzo minoritario a sostegno della tesi secondo cui l’effetto interruttivo debba essere ricondotto alla notificazione della richiesta di rinvio a giudizio (o più in generale dell’atto di contestazione),vada nondimeno inteso facendo  riferimento al regime previsto dall’art. 2945, comma 2, cod. civ., nel senso che, una volta interrotta la prescrizione, con l’emissione della richiesta di rinvio a giudizio, essa non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio».

Tale interpretazione del richiamo normativo, «che nella specie si ritiene di condividere, vale ad escludere qualsiasi riferimento della disposizione in esame al dies a quo della produzione degli effetti dell’atto interruttivo, valendo la stessa a fissare il contenuto e la durata di quegli effetti, rispetto ai quali, diversamente da quanto previsto per la prescrizione del reato ai sensi dell’art. 160 cod. pen., l’interruzione impedisce la decorrenza del termine prescrizionale fino a che il giudizio penale non sia terminato; è  stato altresì affermato che la scelta legislativa di far riferimento alla disposizione civilistica, anziché alle previsioni di cui all’art. 160 cod. pen., deriva dalla natura della pretesa punitiva che sanziona la violazione da parte dell’impresa di norme che implicano limiti di compatibilità dell’azione imprenditoriale con l’interesse generale, come espresso dall’art. 41 Cost., il quale non può declinare di fronte al vantaggio dell’attività d’impresa. Siffatta prevalenza determina la necessità del ricorso ad una normativa – quella civilistica appunto – che renda indifferente il tempo del processo penale all’irrogazione della sanzione, al fine di non stravolgere priorità collettive, costituzionalmente garantite».

In conclusione, secondo i giudici di legittimità «deve escludersi che alla eventuale invalidità della richiesta di rinvio a giudizio dell’imputato, con citazione altresì dell’ente responsabile dell’illecito, in quanto non preceduta da specifici adempimenti a garanzia dei soggetti interessati (nella specie notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari), possa essere riconosciuto un effetto preclusivo alla interruzione della prescrizione, tenuto conto della lettera dell’art. 160 comma 2 cod. proc. pen., della giurisprudenza di legittimità richiamata e dello specifico indirizzo giurisprudenziale che riconosce l’applicazione della norma di rito processual-penalistica anche agli atti di contestazione della responsabilità degli enti ai sensi degli art. 59 e 22, commi 2 e 4 del D.Lgs. 8 Giugno 2001 n. 231».

Redazione Giurisprudenza Penale

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