ARTICOLIDIRITTO PENALE

Mobbing sul luogo di lavoro: la Cassazione si pronuncia in tema di cd. stalking occupazionale

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Cassazione Penale, Sez. V, 5 aprile 2022 (ud. 18 gennaio 2022), n. 12827
Presidente Pezzullo, Relatore Romano

In tema di mobbing sul luogo di lavoro e configurabilità del cd. “stalking occupazionale“, segnaliamo ai lettori la sentenza con cui la quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui «integra il delitto di atti persecutori la condotta di mobbing del datore di lavoro che ponga in essere una mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti convergenti nell’esprimere ostilità verso il lavoratore dipendente e preordinati alla sua mortificazione e al suo isolamento nell’ambiente di lavoro – che ben possono essere rappresentati dall’abuso del potere disciplinare culminante in licenziamenti ritorsivi – tali da determinare un vulnus alla libera autodeterminazione della vittima».

Anche nel caso di “stalking occupazionale” – prosegue la Corte – «per la sussistenza del delitto di cui all’art. 612-bis c.p. è sufficiente il generico, con la conseguenza è che è richiesta la mera volontà di attuare reiterate condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, mentre non occorre che tali condotte siano dirette ad un fine specifico».

Secondo i giudici di legittimità, inoltre, nessun rilievo può essere riconosciuto al fatto che le condotte dell’imputato fossero finalizzate a «rendere più efficiente la società» o al fatto che «fossero condivise  dal Consiglio di Amministrazione», atteso che «l’efficienza della società non può essere raggiunta attraverso la persecuzione e l’umiliazione dei dipendenti ed, in genere, mediante la commissione di delitti ai danni della persona, dovendo la tutela della persona – e, nel caso specifico, del lavoratore – in ogni caso prevalere sugli interessi economici»; e ciò senza contare che «la condivisione da parte degli altri componenti del Consiglio di Amministrazione potrebbe semmai comportare una condivisione da parte di tali soggetti della responsabilità penale e, giammai, l’assoluzione dell’imputato».

Redazione Giurisprudenza Penale

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