Responsabilità degli enti ex d. lgs. 231/2001: la società di diritto estero ha diritto alla ricezione della contestazione ex art. 59 tradotta nella lingua conosciuta dal legale rappresentante.
[a cura di Guido Stampanoni Bassi]
Tribunale di Milano, Ufficio GIP, Ordinanza, 20 maggio 2022
Giudice dott. Giulio Fanales
In tema di responsabilità degli enti ex d. lgs. 231/2001, segnaliamo ai lettori il provvedimento con cui il Tribunale di Milano ha riconosciuto alla società di diritto estero il diritto alla ricezione della contestazione ex art. 59 tradotta nella lingua conosciuta dal legale rappresentante.
Debbono riconoscersi alla persona giuridica – si legge nell’ordinanza – «le garanzie fondamentali spettanti all’imputato nel procedimento penale, salva la clausola di compatibilità, così da ricondurre anche il procedimento a carico dell’ente nell’alveo del principio costituzionale del giusto processo. Rappresenta primaria garanzia riconosciuta all’imputato nell’ambito del procedimento penale, in ossequio al dettato costituzionale e alla normativa sovranazionale, la messa a conoscenza, in favore del medesimo, qualora cittadino straniero, degli atti principali del procedimento nella lingua da costui conosciuta».
Esclusa ontologicamente la possibilità di attribuire all’ente collettivo una “lingua madre” o “lingua parlata” – prosegue il giudice – «pare inevitabile doversi fare riferimento alla lingua conosciuta dal legale rappresentante o comunque dal preposto alla rappresentanza italiana (a prescindere dalla sua identificazione formale in termini di filiale o sede secondaria). L’argomento di segno contrario proposto dal Pubblico Ministero non pare condivisibile. L’organo requirente, infatti, sostiene l’effettiva conoscenza della lingua italiana in capo alla società estera, per avere la medesima utilmente ed efficacemente partecipato alla gara pubblica di cui all’imputazione, redatto il modello gestionale volto alla prevenzione dei reati e, più in generale, pienamente operato nell’ambito del mercato commerciale italiano».
La tesi del PM «non può che essere declinata in termini di prova, asseritamente rinvenibile in atti, dell’effettiva conoscenza della lingua italiana in capo alla persona fisica del legale rappresentante di cui sopra. Ebbene, sul punto, non può non sottolinearsi come nulla provi l’esistenza di plurime forme di operatività della persona giuridica nel territorio italiano, necessariamente corredata da interlocuzioni con i soggetti più diversi: analogamente all’imputato persona fisica non conoscitore della lingua italiana, ma capace di avvalersi dell’ausilio di terzi nei rapporti intersoggettivi, il legale rappresentante della persona giuridica ben può garantire l’operatività della società avvalendosi di collaboratori, interni o esterni, conoscitori della lingua italiana, malgrado il medesimo rimanga privo della capacità di comprendere l’idioma, specie con riferimento a quei contenuti tipicamente tecnici che sono propri degli atti processuali».
In conclusione, «deve riconoscersi alla società di diritto estero, chiamata a rispondere dell’illecito amministrativo da reato di cui si sarebbe resa responsabile a mezzo della rappresentanza italiana, il diritto alla ricezione degli atti fondamentali del procedimento (segnatamente della contestazione ex art. 59 D. Lgs. 231/2001), in forma tale da consentire alla persona giuridica l’utile esercizio delle facoltà e dei diritti alla medesima spettanti».