Processo per diffamazione Salvini / Rackete: il Tribunale di Milano trasmette gli atti al Senato (sospendendo il procedimento) per valutare l’applicabilità dell’art. 68 Cost.
Tribunale di Milano, Sez. IV, Ordinanza, 23 giugno 2022
Giudice dott.ssa Maria Burza
Segnaliamo ai lettori, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda (relativa al procedimento in cui l’ex Ministro Matteo Salvini è imputato per diffamazione nei confronti di Carola Rackete), l’ordinanza con cui il Tribunale di Milano ha disposto la trasmissione degli atti al Senato della Repubblica – con contestuale sospensione del procedimento – affinché si pronunci sull’applicabilità o meno dell’art. 68 Cost. (il cui comma 1 prevede che «i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni»).
Il Tribunale, preso atto dell’istanza difensiva (avente ad oggetto una richiesta di non punibilità ex art. 68 Cost. nei confronti del Senatore Salvini), ha richiamato la disciplina di cui alla Legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), il cui art. 3 stabilisce che:
1. L’articolo 68, primo comma, della Costituzione si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento.
[…]
3. Nei casi di cui al comma 1 del presente articolo e in ogni altro caso in cui ritenga applicabile l’articolo 68, primo comma, della Costituzione il giudice provvede con sentenza in ogni stato e grado del processo penale, a norma dell’articolo 129 del codice di procedura penale […];
4. Se non ritiene di accogliere l’eccezione concernente l’applicabilità dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione, proposta da una delle parti, il giudice provvede senza ritardo con ordinanza non impugnabile, trasmettendo direttamente copia degli atti alla Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento del fatto […];
5. Se il giudice ha disposto la trasmissione di copia degli atti, a norma del comma 4, il procedimento è sospeso fino alla deliberazione della Camera e comunque non oltre il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti da parte della Camera predetta. La Camera interessata può disporre una proroga del termine non superiore a trenta giorni. La sospensione non impedisce, nel procedimento penale, il compimento degli atti non ripetibili e, negli altri procedimenti, degli atti urgenti.
[…]
In base alla richiamata disciplina – si legge nell’ordinanza di sospensione – «la proposizione dell’eccezione di insindacabilità impedisce la prosecuzione del giudizio ed impone al Giudice di adottare una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. o di trasmettere gli atti alla Camera di appartenenza in ossequio alla “pregiudizialità parlamentare” introdotta nel 2003, a seconda che si ritenga prima facie applicabile o meno l’art. 68 comma 1 Cost.».
In punto di diritto, il Tribunale ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di diffamazione (art. 595 c.p.), il precetto posto dall’art. 3, comma 4, Legge 20 giugno 2003, n. 140, «impone il vaglio pregiudiziale sulla insindacabilità (art. 68, comma 1, cost.), che deve essere effettuato dalla Camera di appartenenza del parlamentare quando questi sia imputato del reato che si assume essere il frutto di attività connessa alla funzione istituzionale. È un vaglio imposto dal legislatore senza che al giudice sia lasciato alcun potere discrezionale sull'”an”; un vaglio tendente alla verifica di una causa di non punibilità applicabile in ogni stato e grado del giudizio ex art. 129 c.p.p., qualora non risulti una prevalente causa di proscioglimento nel merito».
Allo stato – conclude il provvedimento – «sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, non risulta evidente l’applicabilità dell’art. 68 comma 1 Cost., nè la sussistenza di ulteriori ipotesi di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. e, pertanto, si impone la trasmissione degli atti al Senato della Repubblica per il previsto vaglio pregiudiziale sull’insindacabilità delle espressioni attribuite all’imputato».