Per il ne bis in idem processuale, l’identità del fatto richiede la corrispondenza storico-naturalistica di tutti gli elementi del reato (condotta, evento e nesso causale).
in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 6 – ISSN 2499-846X
Cassazione Penale, Sez. V, dep. 14 gennaio 2022 (ud. 25 ottobre 2021), n. 1363
Presidente Sabeone, Relatore Brancaccio
1. Premessa
Il ne bis in idem processuale è il principio che si desume dal disposto dell’art. 649 Cod. proc. pen., che sancisce il divieto di nuovo giudizio per l’imputato assolto o condannato in via definitiva per lo stesso fatto, anche se considerato diversamente per titolo, grado o circostanze.
Principio analogo, con valenza gerarchica superiore, è espresso dall’art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), il quale dispone che “Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge”.
L’art. 4. Prot. 7, CEDU (rubricato “Diritto a non essere giudicato o punito due volte”), infine, dispone che “1. Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato. 2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta. 3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione”.
La Corte EDU (a Grande Camera) e la Corte costituzionale si sono pronunciate sul tema ponendo principi consolidati, che sono stati oggetto della disamina della sentenza in commento.
Sullo sfondo, alcuni grandi temi del diritto penale: la struttura del reato, la necessità che la condotta determini uno specifico evento e, anche se non evocata esplicitamente, la tipicità del fatto.
2. La sentenza della Sezione quinta penale
La fattispecie concreta da cui trae origine la sentenza in commento è tipica: un fatto inquadrabile inizialmente nel reato di lesioni personali, cui in un momento significativamente successivo consegue la morte della persona offesa, con conseguente contestazione della fattispecie di cui all’art. 584 Cod. pen.
L’imputato era stato condannato, con sentenza definitiva, alla pena di anni due di reclusione per lesioni personali e, successivamente, indagato, imputato e condannato per omicidio preterintenzionale per la morte della vittima avvenuta otto mesi dopo il fatto.
Il ricorso si articolava su tre motivi, il primo dei quali vedeva nella seconda imputazione una violazione degli artt. 50 CFDUE e 4, Prot. 7, CEDU, in riferimento all’art. 649 Cod. proc. pen.
Il secondo denunciava il vizio di motivazione in ordine alla valutazione del termine “grado” di cui all’art. 649 Cod. proc. pen., poiché, secondo il ricorrente, l’evento morte previsto dall’art. 584 Cod. pen. costituirebbe un grado ulteriore rispetto alle lesioni, in quanto specifico sviluppo normativo della fattispecie meno grave.
Il terzo motivo lamentava, infine, il vizio di motivazione in ordine al difetto di una specifica norma processuale che dirima la coesistenza di più titoli, uno dei quali contenga l’altro.
La Corte di cassazione ha sintetizzato la questione in un singolo quesito: se, cioè, vi sia bis in idem processuale quando vi sia “corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerando tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale), o se sussiste anche quando vi sia identità della sola condotta”.
Per rispondere al quesito, la Sezione quinta ha ripercorso la giurisprudenza CEDU e ripreso, sostanzialmente, le argomentazioni spese sul tema dalla Corte costituzionale nella sentenza 200 del 2016.
Con quest’ultima pronuncia il Giudice delle leggi aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 Cod. proc. pen. nella parte in cui, ai fini della medesimezza del fatto storico oggetto di nuovo giudizio, adottava il criterio della dell’idem legale e non dell’idem factum.
Quest’ultimo criterio veniva infatti imposto dal recepimento della giurisprudenza EDU in materia.
La Cassazione, in questo passaggio della motivazione, si richiama sostanzialmente alla disamina giurisprudenziale della Corte EDU già effettuata dalla Corte costituzionale, data l’identità dei precedenti presi in considerazione.
Il portato ermeneutico di maggior rilevo è, forse, la valutazione del bis in idem processuale come ipotesi più ampia del bis in idem sostanziale (o concorso formale ai sensi degli artt. 15 e 84 Cod. pen.), con potenziale idoneità del primo a “contenere” concettualmente anche il secondo. Il superamento del criterio dell’idem legale, quindi, implica che l’oggetto dei giudizi in comparazione deve essere l’assetto fattuale e non la valutazione giuridica che l’interprete dà della vicenda oggetto di giudizio.
La Corte costituzionale prima e la Cassazione poi sono giunte ad affermare, anche sulla base dei precedenti della Corte EDU, che il concetto di idem factum debba ricomprendere la catena ricostruttiva condotta – nesso causale – evento, non ostando il disposto dell’art.4, Protocollo 7, CEDU.
Quest’ultimo, infatti, riferendosi all’oggetto del divieto di bis in idem impiega il termine “offence/infraction”, che non giustificherebbe un’interpretazione che individuasse la sola condotta come “fatto”. Da qui, l’individuazione dell’idem factum come condotta – nesso causale – evento.
Interessante, poi, la valutazione in ordine al concetto di “grado” di cui all’art. 649 Cod. proc. pen. (§ 7.3 della sentenza).
La Sezione quinta della Cassazione ha escluso che l’omicidio preterintenzionale possa essere considerato un grado ulteriore rispetto alle lesioni personali a partire dalla diversità dell’evento prevista dalle due fattispecie e dalla diversità dei beni giuridici cui le norme incriminatrici sono poste a tutela.
Non solo: il fatto concreto, ossia l’evento morte, è ovviamente “assente nel delitto di cui all’art. 582 cod. pen.; la tipicità di tale ultimo delitto è, infatti, integrata da un diverso, e meno grave, evento, le lesioni personali” (sentenza in commento, pag. 17). Per quanto obiter, il tema della tipicità del fatto non poteva non essere citato in questo contesto.
L’ultimo “tema” affrontato dalla Sezione quinta della Cassazione riguarda il terzo motivo di ricorso – non affrontato direttamente, in realtà – ed attiene al c.d. “principio di detrazione”.
Detto principio, desunto dalla giurisprudenza EDU, prevede che il giudice del secondo procedimento garantisca che “l’importo complessivo delle sanzioni” sia proporzionato alla gravità dei reati complessivamente considerati.
In altri termini, la pena del primo reato – ad esempio lesioni personali – deve essere assorbita dalla pena del secondo reato, in tal modo garantendo che la “somma” delle due pene sia proporzionata al fatto.
Il referente normativo interno è, ovviamente, l’art. 133 Cod. pen.
3. Considerazioni conclusive ed implicazioni
Condotta -nesso di causa – evento è lo schema tipico dei reati classificati come di “evento”. Sia la Cassazione che la Corte costituzionale, ovviamente, sono partite da questa considerazione, per escludere che questa rappresentazione schematica di idem factum non possa valere per i reati di mera condotta.
Questo è un argomento molto forte per quella parte della dottrina che ritiene non si possano configurare reati di mera condotta, poiché, anche se difficilmente percepibile sul piano sensoriale, un evento sarebbe sempre presente. Anche la dicotomia evento naturalistico/giuridico entra in gioco: la prima classificazione è più rispettosa del dato fattuale, la seconda consentirebbe di escludere in radice i reati di mera condotta dalla dogmatica del diritto penale.
Più in generale, si pone il problema del rapporto tra i concetti di “reato”, “fatto” e “fatto tipico”.
Il primo è un concetto dogmatico, che comprende sia la natura penale dell’illecito, sia l’intera struttura della fattispecie nel suo insieme: “teoria del reato” è quella branca del diritto penale che descrive la struttura generale dell’illecito penale secondo le note teorie bipartita, tripartita, quadripartita e pentapartita.
“Fatto” è il termine impiegato da Costituzione e Codice per individuare la ragione sostanziale dell’irrogazione della sanzione penale: nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato (art. 1 Cod. pen.). “Fatto” è anche quel quid da cui deve dipendere l’esistenza del reato, qualora l’evento dannoso o pericoloso verificatosi sia conseguenza dell’azione od omissione dell’agente (art. 41 Cod. pen.). “Fatto tipico” è uno dei tre elementi del reato secondo la concezione tripartita: secondo la più autorevole dottrina (Padovani, Manuale di Diritto penale), la condotta sarebbe il minimo indefettibile del fatto tipico.
Ora è evidente che vi sia una problematica definitoria molto significativa: i termini sono tutti polisensi e vengono per di più utilizzati in modo molto disinvolto dal legislatore.
De iure condito, quindi, che l’idem factum rilevante ai sensi dell’art. 649 Cod. proc. pen. sia stato individuato nella triade “condotta – nesso causale – evento” non appare una forzatura, anche se è certamente un’interpretazione contra reum.
La problematicità maggiore dell’impostazione della Cassazione risiede, verosimilmente, altrove, nell’inflizione della “seconda” pena, che debba necessariamente tener conto della prima.
La questione nasce dall’importazione de facto di un istituto non codificato, ossia il “principio di detrazione”, privo di una specifica sede processuale per essere invocato.
La Cassazione, di fatto, indica nella sede delle richieste finali il momento in cui far emergere l’applicabilità de principio di detrazione; al pubblico ministero, in primis, l’onere di richiedere una pena che tenga conto di quanto già inflitto e scontato nel “primo” giudizio.
Il principio di detrazione potrà essere invocato anche in sede di incidente di esecuzione? Forse, quantomeno con accesso interpretativo, per evitare declaratorie di incostituzionalità o condanne della CEDU.
Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Borgobello, Per il ne bis in idem processuale, l’identità del fatto richiede la corrispondenza storico-naturalistica di tutti gli elementi del reato (condotta, evento e nesso causale), in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 6