ARTICOLIDIRITTO PROCESSUALE PENALEImpugnazioni

Concordato in appello: il mancato accoglimento dell’accordo tra le parti è sindacabile in cassazione

Cassazione Penale, Sez. VI, 23 agosto 2022 (ud. 13 luglio 2022), n. 31556
Presidente Petruzzellis, Relatore Paternò Raddusa

La Cassazione, con la pronuncia allegata, ha esaminato la questione controversa della sindacabilità in cassazione del mancato accoglimento dell’accordo formulato dalle parti ai sensi dell’articolo 599-bis c.p.p.

La Suprema Corte ha condiviso l’orientamento, recentemente espresso dalla sezione sesta della cassazione (Sezione VI, n. 23614 del 5 maggio 2022, n.m.) che, in consapevole contrasto con altre decisioni di legittimità (in particolare, Sez.7, n.20085 del 2/2/2021, Gliaschera, Rv. 281512), “porta a ritenere sindacabile in sede di legittimità il mancato accoglimento dell’accordo formulato dalle parti ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen“.

La tesi secondo cui il mancato accoglimento del concordato non è suscettibile di impugnazione con il ricorso per cassazione espressa dalle sentenze richiamate non compie alcuna differenziazione tra l’inammissibilità del ricorso relativa al rigetto del concordato che interviene dopo che si è formato l’accordo tra le parti, rispetto all’impugnazione che verta sul mancato consenso del Procuratore generale.

Si tratta, invero, di fattispecie che non paiono affatto sovrapponibili.

Nel caso in cui il Procuratore generale non presti parere favorevole al concordato, il ricorso per cassazione non può essere proposto per il semplice motivo che l’impugnazione non concerne la sentenza, bensì un atto che costituisce espressione di un negozio processuale rimesso ad una delle parti del processo.

Tanto ciò è vero che neppure nel patteggiamento è ammesso il ricorso diretto avverso il dissenso del pubblico ministero, a fronte del quale è stato introdotto un diverso controllo di legalità, demandato al giudice che procede il quale, ove ritenga il dissenso immotivato, potrà recepire la proposta di applicazione della pena. La fattispecie concretamente portata all’esame della Corte attiene, invece, ad un’ipotesi in cui l’accordo tra imputato e Procuratore generale era regolarmente intervenuto, sicché si pone solo il problema di sindacare l’illegittimità del rigetto da parte del giudice dell’appello.

Così circoscritto l’ambito della questione – si legge nella pronuncia – si ritiene che “la tesi secondo cui il mancato accoglimento del concordato non sia suscettibile di impugnazione con il ricorso per cassazione non può essere condivisa per una pluralità di ragioni. In primo luogo, il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione non è di ostacolo alla proponibilità del ricorso avverso la sentenza di appello che decida nel merito, senza accogliere il concordato sui motivi e sulla pena. Il concordato in appello, sia in caso di rigetto che di accoglimento, determina l’adozione di un’ordinaria sentenza di secondo grado, in quanto tale impugnabile in cassazione secondo la disciplina ordinaria. Il fatto che non sia prevista una disciplina derogatoria per l’impugnazione del concordato in appello, non consente affatto di ritenere che il ricorso per cassazione sia in tal caso precluso, bensì determina l’applicabilità dei principi generali e, quindi, depone nel senso dell’ammissibilità del ricorso” (in termini pedissequamente riproposti la citata sentenza n. 23614 del 2022). Si aggiunga, sul piano logico-sistematico, che l’orientamento qui non condiviso, nel sostenere che la decisione di non validare il concordato sarebbe frutto di una scelta non sindacabile compiuta dal giudice di appello, porta ad una soluzione inaccettabile perché foriera di un “grave vulnus al diritto di difesa, nonché una palese violazione dell’interesse dell’imputato ad accedere ad un trattamento sanzionatorio di favore. La scelta del giudice di appello di non ammettere il concordato determina effetti di estremo rilievo e, pertanto, ove non si consentisse il controllo sulla legittimità della stessa con il ricorso per cassazione, si porrebbero fondati dubbi di legittimità costituzionale. Ove si ammettesse che il rigetto del concordato non sia in alcun modo sindacabile, si impedirebbe all’imputato di ottenere il controllo su una decisione fortemente pregiudizievole, posto che il concordato, consentendo una determinazione della pena sulla base dell’accordo tra le parti, ha un innegabile effetto premiale” (così la già citata sentenza n. 23614 del 2022, integralmente condivisa)“.