“Liberi tutti” nell’utilizzo del trojan di Stato?
in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 10 – ISSN 2499-846X
Cassazione Penale, Sez. I, 1 febbraio 2022 (ud. 7 ottobre 2021), n. 3591
Presidente Tardio, Relatore Liuni
Con la sentenza qui in commento la Corte di Cassazione ha sostanzialmente legittimato una particolare modalità di utilizzo del captatore informatico, il c.d. trojan, ovvero la possibilità di eseguire gli screenshot dei file aperti dall’utente-intercettato e su cui quest’ultimo sta, eventualmente, lavorando.
La spendibilità processuale dei file aperti ed “immortalati” mediante screenshot si fonda, nel ragionamento della Corte, sull’assunto che tali file sarebbero espressione di un comportamento comunicativo e, proprio in quanto tali, legittimamente intercettabili per via telematica, previa autorizzazione del Giudice di fase. Detto altrimenti, lo screenshot altro non sarebbe che una particolare modalità di una “normale” intercettazione telematica.
Il principio di diritto sancito dalla Corte ha potenzialità dirompenti, stante il massiccio e crescente utilizzo del trojan le cui capacità di infiltrazione all’interno della sfera di vita personale del soggetto-bersaglio non solo non si limitano alla modalità screenshot, ma sono ampiamente superiori ai tradizionali mezzi di ricerca della prova, con il rischio di rendere assai labile la linea di confine tra l’attività di ricerca di una fonte di prova e la sorveglianza tout court.
La posizione fatta propria dal Giudice di legittimità, tuttavia, lascia seri dubbi, posto che l’operatività mediante screenshot del trojan virus che consente di fotografare file non allegati a mail o in alcun modo condivisi con terzi, non pare in realtà riconducibile ad alcuna tipologia di mezzo di ricerca della prova in primis alle intercettazioni telematiche stante l’assoluta assenza di una comunicazione.
Parimenti questa modalità operativa del captatore non risulta “recuperabile” a fini probatori evocando la categoria della prova atipica, poiché, oltre ad essere priva di una disciplina legale, viola direttamente il domicilio informatico cui si possono estendere le tutele previste dall’art. 14 Cost. ma senza che queste ultime trovino applicazione nello caso dello screenshot, a tacer del fatto che l’apprensione di un file mediante tale metodologia integra l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 615ter c.p.
Si è, dunque, ben distanti dal rispetto dei principi di diritto sanciti dalla sentenza Prisco emessa dalle Sezioni Unite nel 2006, che fissa lo statuto di ammissibilità e spendibilità processuale della prova atipica e, a monte, la legittimità di un mezzo atipico di ricerca della prova.
Il punto di caduta sul piano processuale non pare che essere la inutilizzabilità c.d. costituzionale dei file captati attraverso lo screenshot eseguito dal trojan di Stato.
Come citare il contributo in una bibliografia:
V. Fracasso, “Liberi tutti” nell’utilizzo del trojan di Stato?, in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 10