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Processo “Ruby-ter”: il comunicato del Tribunale di Milano

Segnaliamo, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda, il comunicato del Tribunale di Milano in merito alla sentenza emessa in data odierna nel cd. processo “Ruby-ter“:

Ai sensi della risoluzione N. 310/VV/2017 del Consiglio Superiore della Magistratura adottata con delibera in data 11 luglio 2018 in tema dì “Linee-guida per l’organizzazione degli uffici giudiziari ai fini di una corretta comunicazione istituzionale”, con riferimento al procedimento N. 13453/2016 R.G. TRIB. contro Berlusconi Silvio+ 28 si evidenzia quanto segue:
Il Tribunale di Milano in composizione collegiale (Presidente dottor Marco Tremolada) ha emesso in data odierna la sentenza nel procedimento sopra indicato mediante lettura del dispositivo riservando il termine di giorni 90 per il deposito delle motivazioni.
Sulla base degli elementi di fatto che verranno dettagliatamente illustrati nella motivazione della sentenza, il Tribunale ha accertato che le imputate AMARGHIOALEI, BARIZONTE, BELARDI, BONASIA, CIPRIANI D’ALTORIO, DE VIVO Concetta, DE VIVO Eleonora, EL MAHROUG, ESPINOSA, FAGGIOLI, FERRARA Marianna, FERRARA Manuela,  LODDO,  GARCIA  POLANCO,  GUERRA,  RIGATO,  SKORKINA, SORCINELLI, TOTI, TREVAINI e VISAN non potevano legittimamente rivestire l’ufficio pubblico di testimone nei procedimenti cd. Ruby 1 (R.G.Trib. 2852/2011) e Ruby 2 (R.G.Trib. 12668/2011) perché sostanzialmente indagate di reato connesso. Gli indizi non equivoci a loro carico risultavano dagli atti dei procedimenti in cui le stesse sono state escusse come testimoni.
Questo accertamento sulla qualità soggettiva in capo alle imputate dei reati contestati incide sulla stessa possibilità di configurare sia la falsa testimonianza che la corruzione in atti giudiziari.
La falsa testimonianza può essere commessa solo da chi legittimamente riveste la qualità di testimone. Se viene assunto come “testimone” un soggetto che non poteva rivestire tale qualità perché sostanzialmente raggiunto da indizi per il reato per cui si procede o per altro ad esso connesso, la possibilità di punirlo per dichiarazioni false è esplicitamente esclusa dall’art. 384, comma 2, c.p.
La corruzione in atti giudiziari sussiste solo quando il soggetto corrotto sia un pubblico ufficiale. Per giurisprudenza costante, la persona che testimonia assume un pubblico ufficio e le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che il giudice chiamato ad accertare la fattispecie correttiva deve verificare se il dichiarante che si assume essere stato corrotto sia stato o meno correttamente qualificato come testimone.
Poiché le persone chiamate a rendere dichiarazioni nei processi cd. Ruby 1 e Ruby 2 andavano correttamente qualificate come indagate di reato connesso e non testimoni, non solo non è configurabile il delitto di falsa testimonianza ma neppure il reato di corruzione in atti giudiziari, mancando la qualità di pubblico ufficiale (nella specie: testimone) in capo al “corrotto”.
Se il soggetto che si assume come corrotto non può qualificarsi come pubblico ufficiale e dunque manca un elemento costitutivo del delitto corruttivo, giuridicamente quest’ultimo non può sussistere nemmeno nei confronti del1’ipotizzato corruttore, nel caso di specie BERLUSCONI. Infatti, la corruzione in atti giudiziari presuppone necessariamente un accordo tra il pubblico ufficiale corrotto e il corruttore.
Per analoghe ragioni, di carattere esclusivamente giuridico, devono essere assolti GIULIANTE e RISSO. Sono accusati di reati che presuppongono la sussistenza di un reato che non sussiste, la corruzione in atti giudiziari attribuita a EL MAHROUG. Tenuto poi conto degli elementi indiziari già esistenti a suo carico, RISSO non poteva essere escusso come testimone: applicando lo stesso principio di diritto sopra menzionato, egli non può essere ritenuto responsabile nemmeno della falsa testimonianza.
Infine, è stata pronunciata assoluzione per il delitto di false informazioni al P.M. contestato a PEDRINI, per le false testimonianze ascritte a ROSSELLA nonché per l’ipotesi di favoreggiamento alla prostituzione contestato a ESPINOSA perché dagli atti è emersa con evidenza l’insussistenza del fatto.
Per la residua imputazione di calunnia contestata a BONASIA e le false testimonianze di cui erano accusati LOSI, ROSSI e PURICELLI ha prevalso l’estinzione del reato per prescrizione.
Il Presidente del Tribunale f.f.
Fabio Roia

Redazione Giurisprudenza Penale

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