CONTRIBUTIDIRITTO PENALE

Coltivazione di stupefacenti per uso personale e dosi ricavabili: un ridimensionamento delle Sezioni unite “Caruso”?

in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 4 – ISSN 2499-846X

Cassazione penale, sez. VI, 21 marzo 2023 (ud. 9 febbraio 2023), n. 11901
Presidente Costanzo, Relatore Ricciarelli 

Con la sentenza in esame, la Corte di legittimità si è pronunciata sul tema della coltivazione di piante da cui estrarre sostanza stupefacente, in un peculiare caso in cui l’imputato era stato condannato dalla corte territoriale (previa riqualificazione del fatto nel meno grave delitto ex art. 73 comma 5, d.P.R. 309 del 1990) per aver coltivato una singola pianta di cannabis alta 1,60 metri, messa a dimora nel cortile esterno dell’abitazione senza l’impiego di particolari strumentari o tecniche organizzative. Il dato fondamentale sul quale era stata fondata l’affermazione di responsabilità penale è costituito dalla produttività della pianta, che presentava un principio attivo utile al confezionamento di circa 160 dosi medie singole.

Accogliendo il ricorso della difesa, la Corte di cassazione ha fatto uso dei principi delle Sezioni unite “Caruso” (sentenza n. 12348 del 19 dicembre 2019, dep. 2020, CED 278624),  secondo cui la coltivazione di piante da cui ricavare sostanze droganti non penetra nel fuoco della tipicità, per esservi invece inclusa la cosiddetta coltivazione “tecnico-agraria”, a condizione che siano compresenti i seguenti requisiti idonei ad attestare la devoluzione all’uso personale delle piantumazioni: «la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento dell’attività nell’ambito del mercato degli stupefacenti, l’oggettiva destinazione di quanto prodotto all’uso personale esclusivo del coltivatore, essendo per contro insufficiente la circostanza che la coltivazione sia intrapresa con l’intenzione soggettiva di soddisfare esigenze di consumo personale» (v. pagina 5 della sentenza in commento).

Balza subito all’occhio dell’attento lettore la mancata menzione di uno degli indici di cui, in verità, le Sezioni unite “Caruso” hanno espressamente richiesto la compresenza: il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile. Pare evidente che le Sezioni unite abbiano ritenuto indispensabile che la coltivazione, oltre a possedere le qualità sopra menzionate, sia anche in grado di produrre un numero scarso, particolarmente contenuto, di dosi medie singole, scarsità che non può certo essere ritenuta in casi – come quello di specie – in cui la sostanza ricavabile, ammontando ad oltre cento dosi, possa utilmente essere diretta a soddisfare i bisogni di un numero anche elevato di consumatori.

Nella parte motiva della decisione qui annotata, la sesta Sezione pare aver temporaneamente obliterato il dato, per poi richiamarlo in maniera tranciante poco dopo nella trama motivazionale. Infatti, si legge in sentenza, che la sfera dell’oggettiva destinazione ad uso personale, tracciata dalla compresenza degli altri indici citati, non risulta «contraddetta dal principio attivo in atto ricavabile da quella piantina» (v. ancora pagina 5 della sentenza in esame).

Già in altra sede editoriale (si consenta il rinvio a F. Lombardi, La coltivazione domestica dopo le Sezioni unite “Caruso”: l’enigma del “modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile”. Riflessioni sparse, in Penale diritto e procedura, 31 luglio 2022) si tentava di ragionare proprio sulla necessità di rimeditare i principi di diritto delle Sezioni unite “Caruso”, ritenendo subvalente il requisito, di cui è stata imposta la compresenza, del modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile. Si sosteneva che, salvi i casi in cui siano stati adottati particolari accorgimenti che abbiano incrementato oltremodo la sostanza ottenibile dalla pianta, così plasmando un coefficiente psichico più compatibile con la volontà di diffondere il prodotto nel mercato, la fisiologica capacità della pianta di produrre un numero non scarso, anche ragguardevole, di dosi medie singole non può annebbiare lo scopo di uso personale limpidamente attestato dalla compresenza di tutti gli altri indici.

La sentenza qui annotata pare, condivisibilmente, fare uso di questo criterio ermeneutico, alleggerendo la portata delle Sezioni unite “Caruso”, altrimenti applicabili solo ai rari casi in cui il coltivatore, per incapacità propria o per disfunzioni intrinseche della pianta, abbia ottenuto uno scarso risultato, quasi nullo, sul piano della produttività.

Come citare il contributo in una bibliografia:
F. Lombardi, Coltivazione di stupefacenti per uso personale e dosi ricavabili: un ridimensionamento delle Sezioni unite “Caruso”?, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 4