La Commissione UE presenta una proposta di Direttiva sulla lotta contro la corruzione mediante il diritto penale.
[a cura di Lorenzo Roccatagliata]
Alcuni mesi dopo lo scoppio del “Qatargate”, la Commissione Europea ha presentato una “Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro la corruzione mediante il diritto penale”.
Le basi giuridiche dell’atto sono l’articolo 83, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 82, paragrafo 1, lettera d), del TFUE [1].
Secondo la Commissione, gli strumenti normativi sinora adottati (la decisione quadro 2003/568/GAI sulla corruzione nel settore privato, la Convenzione del 1997 sulla lotta alla corruzione dei funzionari dell’UE o degli Stati membri dell’UE, la Direttiva sulla protezione degli interessi finanziari dell’UE) non sono sufficientemente completi e le norme esistenti negli Stati membri devono essere ulteriormente sviluppate per garantire una risposta più coerente ed efficace nell’Unione.
Vi sono lacune nell’applicazione a livello nazionale e ostacoli nella cooperazione tra le autorità competenti dei diversi Stati membri. Le autorità degli Stati membri devono affrontare sfide legate all’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari, alla brevità dei termini di prescrizione, alle norme sull’immunità e sui privilegi, alla limitata disponibilità di risorse, alla formazione e ai poteri investigativi.
La presente proposta legislativa aggiorna il quadro legislativo dell’UE, fra l’altro incorporando gli standard internazionali vincolanti per l’UE, come quelli della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC). L’obiettivo è garantire che tutte le forme di corruzione siano considerate reato in tutti gli Stati membri, che anche le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili di tali reati e che i reati siano puniti con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Inoltre, la proposta include misure pertinenti per prevenire la corruzione in conformità con gli standard internazionali e facilitare la cooperazione transfrontaliera, come richiesto dall’UNCAC.
La proposta contiene fra l’altro le definizioni dei reati (non sempre perfettamente aderenti alle nostre attuali fattispecie), che gli stati membri dovranno punire se l’atto normativo diventerà definitivo:
- Bribery in the public sector [art. 7]
- Bribery in the private sector [art. 8]
- Misappropriation [art. 9]
- Trading in influence [art. 10]
- Abuse of functions [art. 11]
- Obstruction of justice [art. 12]
- Enrichment from corruption offences [art. 13]
L’art. 15 stabilisce le sanzioni penali per gli autori di tali reati, in particolare:
- i reati di cui agli articoli 7 e 12 devono essere puniti con una pena detentiva massima di almeno 6 anni,
- i reati di cui agli articoli da 8 a 11 devono essere puniti con una pena detentiva massima di almeno 5 anni,
- il reato di cui all’articolo 13 deve essere punito con una pena detentiva massima di almeno quattro anni,
- le persone fisiche che sono state condannate per aver commesso uno dei reati di cui agli articoli da 7 a 13 sono soggette a sanzioni non necessariamente di natura penale, tra cui: (a) multa; (b) rimozione, sospensione e riassegnazione da un ufficio pubblico; (c) sanzioni interdittive; (d) privazione del diritto di eleggibilità; (e) revoca dei permessi o delle autorizzazioni all’esercizio delle attività nel cui ambito è stato commesso il reato (f) esclusione dall’accesso ai finanziamenti pubblici, comprese le gare d’appalto, le sovvenzioni e le concessioni.
L’art. 16 richiede che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei reati di cui agli articoli da 7 a 13 commessi a proprio beneficio da qualsiasi persona fisica che agisca a titolo individuale o in quanto titolare di una posizione di rilievo in seno alla persona giuridica stessa. Tale responsabilità dovrà sorgere in particolare qualora la commissione del reato sia stata resa possibile dalla mancata supervisione o dal mancato controllo da parte della suddetta persona fisica.
L’art. 17 stabilisce che le sanzioni alle persone giuridiche dovranno includere: (a) sanzioni pecuniarie; (b) esclusione della persona giuridica dall’ottenimento di benefici o aiuti pubblici; (c) esclusione temporanea o permanente dalle procedure di appalto pubblico; (d) interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di attività commerciali; (e) revoca dei permessi o delle autorizzazioni per l’esercizio delle attività nell’ambito delle quali è stato commesso il reato; (f) possibilità per le autorità pubbliche di annullare o risolvere un contratto stipulato con la persona giuridica nell’ambito del quale è stato commesso il reato; (g) assoggettamento della persona giuridica ad amministrazione giudiziaria; (h) liquidazione giudiziaria della persona giuridica; (i) chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti che sono stati utilizzati per commettere il reato.
L’art. 18 stabilisce una serie di circostanze aggravanti e attenuanti.
L’art. 19 stabilisce alcuni principi in tema di immunità dai reati di cui sopra.
L’art. 20 stabilisce le regole in tema di giurisdizione del singolo Stato membro.
L’art. 21 stabilisce precisi termini di prescrizione del reato e della pena.
L’art. 22 stabilisce principi in tema di protezione dei whistleblower.
L’art. 28 prevede una serie di modifiche alla Direttiva 2017/1371 (cd. direttiva PIF).
[1] L’articolo 83, paragrafo 1, del TFUE individua la corruzione come uno dei reati con una particolare dimensione transfrontaliera. Esso consente al Parlamento europeo e al Consiglio di stabilire le necessarie norme minime sulla definizione di corruzione mediante direttive adottate secondo la procedura legislativa ordinaria.
L’articolo 83, paragrafo 2, del TFUE stabilisce la competenza dell’UE a stabilire norme minime per quanto riguarda la definizione dei reati e delle sanzioni in ambiti che sono stati oggetto di armonizzazione, se ciò è essenziale per garantire l’attuazione efficace di una politica dell’Unione in tali ambiti
L’articolo 82, paragrafo 1, lettera d), del TFUE fornisce la base giuridica per le misure volte a facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie degli Stati membri in relazione ai procedimenti penali e all’esecuzione delle decisioni, come l’adozione di norme comuni sulla giurisdizione in materia penale.