“Nella furia di colpire i poveri, hanno finito per premiare i truffatori”. Reati in materia di reddito di cittadinanza e meccanismi di abrogazione “annunciata” o differita: un problema reale (di abolizione) o solo apparente (di interpretazione)?
in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 5 – ISSN 2499-846X
Corte d’Appello di Milano, Sez. I, 27 aprile 2023 (ud. 14 aprile 2023), n. 3237
Presidente Carfì, Estensore Simion
La fine dell’anno passato ha comprensibilmente posto sotto i riflettori della giustizia penale e dei suoi osservatori – per ampiezza, complessità e sistematicità dell’intervento normativo – la novella della c.d. riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022, come modificato dal d.l. 162/2022, conv. con mod. in l. 199/2022), al contempo lasciando nell’ombra altri profili di modifica legislativa intervenuti in epoca coeva.
Tra di essi, in particolare, non è stato pienamente valorizzato nella propria immediatezza l’intervento normativo, parimenti occorso negli ultimi giorni del 2022, che ha posto una “pietra tombale” – seppur all’insegna di un regime modulato nel tempo – sulle vicende del reddito di cittadinanza (Rdc), introdotto dal d.l. 4/2019, conv. con mod. in l. 26/2019, quale «misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro», costituente «livello essenziale delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili» (articolo 1, comma 1).
Nel dettaglio, la legge di Bilancio 2023 (articolo 1, comma 318 l. 197/2022) ha disposto che «a decorrere dal 1° gennaio 2024 gli articoli da 1 a 13 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sono abrogati». Nella sostanza, dunque, la legge di Bilancio 2023 ha determinato – pur con effetto differito al 1 gennaio 2024 – l’abrogazione integrale della disciplina sul reddito di cittadinanza, destinato a essere sostituito – in luogo dell’originaria (ipotizzata) Misura di Inclusione Attiva (MIA) – dalle misure dell’Assegno di inclusione o, via sussidiaria, del Supporto per la formazione e il lavoro, come definiti dal recentissimo d.l. 48/2023, c.d. decreto lavoro, iconicamente approvato dal Consiglio dei ministri in data 1 maggio 2023.
Ciò che rileva principalmente, ai fini di interesse penalistico, è che l’abrogazione della speciale disciplina regolatoria in tema di reddito di cittadinanza, in quanto integrale, ha necessariamente finito per coinvolgere anche le disposizioni recanti le fattispecie incriminatrici poste a presidio della corretta corresponsione del sussidio, dettate dall’articolo 7, commi 1 e 2 d.l. 4/2019, nonché gli effetti penali connessi alla condanna per le stesse, in termini di «immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva» e di «restituzione di quanto indebitamente percepito» e di divieto di richiesta (rectius, concessione) del beneficio prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna medesima (articolo 7, comma 3 d.l. 4/2019).
Come citare il contributo in una bibliografia:
M. Riccardi, “Nella furia di colpire i poveri, hanno finito per premiare i truffatori”. Reati in materia di reddito di cittadinanza e meccanismi di abrogazione “annunciata” o differita: un problema reale (di abolizione) o solo apparente (di interpretazione)?, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 5