ARTICOLIDIRITTO PENALEResponsabilità degli enti

Responsabilità degli enti e prescrizione: per la Corte di Cassazione nessun profilo di incostituzionalità rispetto alla disciplina delle persone fisiche

[a cura di Guido Stampanoni Bassi]

Cassazione Penale, Sez. VI, 14 giugno 2023 (ud. 18 aprile 2023), n. 25764
Presidente Criscuolo, Relatore Galluccio

In tema di responsabilità degli enti ex d. lgs. 231/2001, segnaliamo ai lettori al pronuncia con cui la Corte di Cassazione ha ritenuto (nuovamente) infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 d. lgs. n. 231/2001, per asserito contrasto con gli artt. 3, 24, c. 2 e 111 Cost., in relazione alla presunta irragionevolezza della disciplina della prescrizione prevista per gli illeciti dell’ente imputato rispetto a quella prevista per gli imputati persone fisiche.

Come già osservato da questa Corte – si legge nella pronuncia – «la responsabilità dell’ente si fonda su un illecito amministrativo e la circostanza che tale illecito venga accertato nel processo penale, spesso unitamente all’accertamento del reato posto in essere dalla persona fisica, non determina alcun mutamento della sua natura: il sistema di responsabilità ex delicto di cui al d.lgs. 231 é stato qualificato come tertium genus (Sez. U, n. 38343 del 18/09/2014, TyssenKrupp s.p.a), sicché non può essere ricondotto integralmente nell’ambito e nelle categorie dell’illecito penale. Pertanto, se i due illeciti hanno natura differente, allora può giustificarsi un regime derogatorio e differenziato con riferimento alla prescrizione».

Si è anche già affermato che «l’art. 111, secondo comma, Cost. esprime un principio rivolto soprattutto al legislatore, perché predisponga gli strumenti normativi in grado di contenere i tempi del processo e di assicurare una giustizia efficiente. Tuttavia, la ragionevole durata cui si riferisce il principio costituzionale non deve essere intesa come semplice speditezza in funzione di un’efficienza tout court, ma piuttosto come razionale contemperamento dell’efficienza con le garanzie, la cui concreta attuazione è rimessa alle opzioni del legislatore. Ciò premesso, non può certo affermarsi che la prescrizione, così come disciplinata nell’art. 22 d.lgs. 231 del 2001, sia in contrasto con il principio dell’art. 111, secondo comma, Cost.: in questo caso il legislatore ha, da un lato, introdotto un termine di prescrizione oggettivamente breve, pari a soli cinque anni dalla consumazione dell’illecito, nella dichiarata intenzione di contenere la durata della prescrizione e di non lasciare uno spazio temporale eccessivamente ampio per l’accertamento dell’illecito nel corso delle indagini, anche per favorire le esigenze di certezza di cui necessita l’attività delle imprese, dall’altro, ha previsto un regime degli effetti interruttivi che replica la disciplina civilistica, stabilendo che, una volta contestato l’illecito amministrativo, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio».

D’altro canto – prosegue il Collegio – «proprio per evitare che il procedimento a carico degli enti possa instaurarsi a notevole distanza di tempo dalla commissione del reato che costituisce il presupposto dell’illecito a carico dello stesso, il legislatore del d.lgs. 231/2001 ha introdotto una specifica disposizione – art. 60 – in base alla quale non può procedersi alla contestazione dell’illecito amministrativo nel caso in cui il reato presupposto sia già estinto per prescrizione. Quindi, una volta verificatasi la prescrizione del reato presupposto senza che sia stato contestato l’illecito amministrativo ai sensi dell’art. 59 d.lgs. cit., viene meno la potestà sanzionatoria a carico dell’ente».

Manifestamente infondata – si precisa – «è la questione di incostituzionalità anche in riferimento alla dedotta violazione dell’art. 41 della Cost. Sul punto è sufficiente rilevare che la citata disposizione prevede che “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. La sottoposizione degli enti che svolgono attività economica alla disciplina del d.lgs. n. 231, lungi da porsi in contrasto con il precetto costituzionale, ne costituisce al contrario attuazione, mirando ad evitare che, anziché favorire l’attività sociale, l’iniziativa economica privata rappresenti l’occasione per agevolare la commissione di reati».

Redazione Giurisprudenza Penale

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