Loggia Ungheria: le motivazioni della sentenza emessa dal Tribunale di Brescia nei confronti di Piercamillo Davigo
Tribunale di Brescia, Sez. I, 3 luglio 2023 (ud. 20 giugno 2023), n. 2911
Presidente Estensore dott. Roberto Spanò, Giudici dott. Mauroernesto Macca – dott.ssa Lorenza De Nisi
Segnaliamo ai lettori, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda, la sentenza emessa dal Tribunale di Brescia nel procedimento che vede imputato l’ex magistrato Piercamillo Davigo per rivelazione di segreto d’ufficio (art. 326 c.p.).
In punto di diritto, il Tribunale ha ricordato come il reato di rivelazione di segreto d’ufficio sia integrato «quando il destinatario della notizia è un soggetto che non può e non deve riceverla, o che la riceve al di fuori delle modalità previste dalla legge, a nulla rilevando che per la funzione o il ruolo rivestito sia anch’egli a propria volta tenuto a non divulgarlo: anche l’extraneus diviene a propria volta punibile allorché, contribuendo a diffondere la notizia riservata, realizza una condotta ulteriore rispetto a quella dell’originario propalatore».
La Corte di Cassazione – si legge nella pronuncia – «ha costantemente affermato, anche a Sezioni Unite, che ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all’art. 326 c.p., con riferimento alla rivelazione di notizie d’ufficio attinenti a procedimenti in fase di indagini, non è necessaria la prova dell’esistenza di un effettivo pregiudizio per le investigazioni, atteso che il delitto in questione è reato di pericolo concreto posto a tutela del buon andamento della amministrazione, che si intende leso allorché la divulgazione della notizia sia anche soltanto suscettibile di arrecare pregiudizio a questa o ad un terzo».
La giurisprudenza ha anche precisato che, «quando è la legge a prevedere l’obbligo del segreto in relazione ad un determinato atto, il reato sussiste senza che possa sorgere questione circa l’esistenza o la potenzialità del pregiudizio richiesto, poiché la fonte normativa – nel caso di specie l’art. 329 c.p.p. – ha già effettuato la valutazione ex ante dell’esistenza del pericolo, ritenendola conseguente alla violazione dell’obbligo del segreto».
Ciò premesso, secondo il Tribunale di Brescia «è inutile interrogarsi se le citate massime giurisprudenziali abbiano affrontato in modo ambiguo e contraddittorio “il rapporto tra la problematica del pericolo concreto e quella della tipizzazione legislativa”, poiché nel caso all’esame la lesività della condotta non è rimasta confinata in una fase meramente embrionale, riconducibile ad ipotesi “comunque limitate e assai circoscritte… della inoffensività”, ma ha provocato un effettivo nocumento sia alla Parte Civile che alla indagine sulla Loggia Ungheria e, per quanto possa sembrare “paradossale”, anche allo stesso avvocato Amara».
Nel caso sottoposto allo scrutinio del Collegio, tuttavia, «non vi è stata solo la realizzazione di una condotta sussumibile nella fattispecie legale in ragione dell’astratta messa in pericolo di interessi tutelati dall’ordinamento, ma si è altresì assistito alla convergenza tra i piani – pur concettualmente distinti – della tipicità e della offensività, attesa l’avvenuta aggressione in concreto dei beni protetti, ossia “il positivo sviluppo delle indagini e la sicurezza delle persone”».