ARTICOLIDALLA CONSULTADIRITTO PENALE

Omicidio stradale, messa alla prova e rilevanza dell’attenuante ad effetto speciale del concorso di colpa della vittima: depositata la sentenza n. 146/2023 della Corte Costituzionale

Corte Costituzionale, 17 luglio 2023, n. 146
Presidente Sciarra, Relatore Amoroso

In tema di omicidio stradale , segnaliamo la sentenza con cui la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale – sollevata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Torino con ordinanza del 21 marzo 2022 – dell’art. 168-bis, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non consente l’astratta ammissibilità della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato in ipotesi di omicidio stradale allorché non ricorra alcuna aggravante e sussistano gli estremi dell’attenuante ad effetto speciale del concorso di colpa della vittima nella causazione del sinistro mortale.

La Consulta ha preso le mosse osservando come «il legislatore, anche dopo la recente riforma del 2022 (d.lgs. n. 150 del 2022) che ha lasciato invariato, in questa parte, il disposto dell’art. 168-bis cod. pen., è rimasto fermo nell’iniziale scelta di individuare i reati, per i quali è consentita la messa alla prova, sulla base della pena edittale detentiva prevista in misura non superiore nel massimo a quattro anni; pena che, in quanto “edittale“, è riferita alla fattispecie del reato non circostanziato».

Si tratta – si legge nella sentenza – «di una scelta di politica criminale rimessa alla discrezionalità del legislatore, il quale non irragionevolmente ha fissato una soglia di pena massima irrogabile, quale discrimine per l’accesso al beneficio, e ciò ha fatto con riferimento a quella edittale, prevista per il reato base non circostanziato, senza quindi dare rilievo alle circostanze né aggravanti né attenuanti, quantunque ad effetto speciale».

È vero che, invece, «per il parallelo – e pressoché contemporaneo – istituto della non punibilità per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis cod. pen.) rileva la diminuzione di pena in ragione dell’applicazione delle attenuanti ad effetto speciale, al pari del suo aumento ove ricorrano circostanze aggravanti, anch’esse ad effetto speciale. Ma ciò si spiega in ragione dell’accertamento, ad opera del giudice, dell’effettiva sussistenza delle circostanze al fine della dichiarazione della suddetta causa di non punibilità».

Invece, «nel caso della messa alla prova, il processo è sospeso e la valutazione del giudice è fatta in limine, ossia prima dell’accertamento giudiziale sull’incolpazione e quindi prima che possa risultare il concorso di un’attenuante a effetto speciale. Infatti, la richiesta di messa alla prova può essere avanzata prima dell’apertura del dibattimento o, se c’è il filtro dell’udienza preliminare, fino a quando non siano formulate le conclusioni delle parti».

Manca – prosegue la Corte Costituzionale – «un accertamento in ordine alla effettiva sussistenza di attenuanti (come anche di aggravanti) a effetto speciale, che normalmente non appartengono all’incolpazione. Del resto la richiesta di rinvio a giudizio, fatta dal PM, deve contenere, oltre all’enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, l’indicazione delle circostanze aggravanti (art. 417, comma 1, lettera b, cod. proc. pen.); ma non è prescritto – pur non essendo escluso – che contenga anche l’indicazione di eventuali attenuanti».

Solo «nell’ipotesi in cui è prescritta l’udienza preliminare – come in caso di reato ricadente nel catalogo di cui al comma 2 dell’art. 550 cod. proc. pen., ove ricorra un’aggravante ad effetto speciale che elevi il massimo della pena oltre la soglia della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni – il GUP potrebbe tener conto delle risultanze processuali emergenti, fino a quel momento, dagli atti di indagine. Ma neppure in tale evenienza vi è un accertamento della sussistenza di attenuanti a effetto speciale, né tanto meno del reato e della colpevolezza dell’imputato».

In difetto dell’udienza preliminare, «rileva ora che la recente riforma penale (d.lgs. n. 150 del 2022) ha introdotto l’udienza di comparizione predibattimentale (in camera di consiglio) a seguito di citazione diretta (art. 554-bis cod. proc. pen.). Quindi anche per i reati a citazione diretta c’è una sorta di udienza-filtro, simile all’udienza preliminare, nel corso della quale i contorni della condotta addebitata all’imputato possono risultare meglio definiti. In particolare, l’art. 554-bis, comma 6, cod. proc. pen., prevede ora che, al fine di consentire che il fatto e la sua definizione giuridica siano indicati in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti, il giudice, anche d’ufficio, sentite le parti, possa invitare il PM ad apportare le necessarie modifiche». Si ha quindi «che, nell’uno e nell’altro caso (con e senza udienza preliminare), manca un accertamento giudiziale in ordine alla sussistenza di un’attenuante a effetto speciale; né sarebbe sufficiente una mera valutazione prognostica, che l’art. 168-bis cod. pen. non autorizza ad ipotizzare. E ciò vale ancor di più nel caso in cui la richiesta o la proposta siano fatte nella fase delle indagini preliminari».

In conclusione, «in mancanza di un meccanismo processuale di verifica anticipata della sussistenza di attenuanti a effetto speciale, non è irragionevole che il criterio distintivo di identificazione dei reati, per i quali è possibile la messa alla prova, rimanga affidato alla pena edittale nel massimo, senza considerare gli accidentalia delicti, né le aggravanti, né le attenuanti, quantunque ad effetto speciale».

Tra l’altro – si evidenzia – «nel caso dell’omicidio stradale, la pena edittale massima, ove anche ridotta in ragione dell’applicazione dell’attenuante ad effetto speciale di cui al settimo comma dell’art. 589-bis cod. pen. – qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole – rimarrebbe comunque superiore alla soglia di ammissibilità della messa alla prova perché in generale, nel caso di prevista possibile diminuzione fino a metà (e non già della metà) della pena, la riduzione – secondo la giurisprudenza (Corte di cassazione, sezione terza penale, sentenza 3 novembre-22 dicembre 2020, n. 36915) – può essere, nel minimo, di un solo giorno, con la conseguenza che la pena massima irrogabile sarebbe comunque ben più elevata della soglia della pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, prevista dall’art. 168-bis cod. pen.».

In altri termini, «affinché possano essere pienamente rilevanti, a tal fine, le attenuanti a effetto speciale, secondo la prospettazione del giudice rimettente, dovrebbe introdursi un più favorevole criterio di computo, quale in ipotesi sarebbe quello della massima (e non già della minima) riduzione possibile. Con siffatto più favorevole criterio la pena massima irrogabile per l’omicidio stradale, non aggravato da alcuna delle circostanze a effetto speciale di cui all’art. 589-bis cod. pen. e diminuito per il concorso di colpa della vittima, potrebbe rientrare al di sotto della soglia fissata dall’art. 168-bis, primo comma, cod. pen. (ossia della pena edittale non superiore nel massimo a quattro anni)».

Tuttavia, «appartiene alle scelte di politica criminale del legislatore una tale opzione che non potrebbe essere limitata all’attenuante di cui al settimo comma dell’art. 589-bis cod. pen., ma dovrebbe riguardare in generale il criterio di computo delle attenuanti ad effetto speciale, una volta che se ne introducesse la rilevanza agli effetti della messa alla prova di cui all’art. 168-bis cod. pen.»

Redazione Giurisprudenza Penale

Per qualsiasi informazione: redazione@giurisprudenzapenale.com